Umberto Galimberti: il regime della tecnica frantumerà gli uomini

Soggiogata dalla dittatura della tecnica. Agli occhi del filosofo Umberto Galimberti quella porzione di umanità d’occidente più ricca e sprecona non se la passa bene. Una condizione e un destino che poco hanno di umano e molto di artificioso.

Tempi stretti, efficienza, consumo. L’era della tecnica comprime tutto per raggiungere scopi immediati, tangibili, precotti. A farne le spese, religione, educazione emotiva e il comportamento dell’uomo nel suo complesso che si svaluta a mero calcolo ’opportunità. Galimberti, a Cagliari per partecipare alle conferenze sulle neuroscienze promosse dal Centro Ippocrate i Macchiareddu, è docente di Filosofia della Storia all’Università a’ Foscari di Venezia. Allievo e studioso di Jaspers, ha tradotto curato l’opera di Heidegger Sull’essenza della verità. 

I suoi libri sono tradotti in sette lingue. Il tema del suo intervento: medicina e filosofia, «discipline che con Ippocrate e Talete nascono sotto il segno dell’ateismo. Bisogna liberarsi dalla dimensione degli dei se vogliamo fondare la conoscenza».

Che cosa intende quando parla di regime della tecnica?
«Il rapporto tra uomo e tecnica si è capovolto. Prima dell’età tecnologica l’uomo era il soggetto e la tecnica lo strumento. Adesso la tecnica è il soggetto e l’uomo il suo funzionario».

Lei sostiene che questo regime stia frantumando le regole di comportamento dell’uomo. Perché?
«La tecnica non ci lascia immutati. Ci abitua a un tipo di ragionamento che Heidegger ha chiamato “il pensiero come calcolo”. Agiamo in base all’utile e all’inutile, al vantaggioso e al profittevole e i ragionamenti sul vero, sul bello, sul sacro diventano assolutamente marginali. Ci adattiamo sempre più al pensiero binario, quello dei sondaggi e del computer».

La tecnica corrode anche "il trono di Dio"?
«Certamente, perché ha un tempo abbreviato utile per raggiungere uno scopo vicino. La religione invece ha tempi lunghissimi, escatologici».

E ci fornisce anche un surrogato di eros?
«Funzionalità ed efficienza applicati all’ambito sessuale portano a raggiungere lo scopo nel più breve tempo possibile. Il che significa un collasso dell’educazione emotiva».

L’amore, in quanto fuga dalla logica e dalla ragionevolezza, è immune da questa degenerazione?
«Purtroppo anche in questo contesto siamo sottoposti a una enorme quantità di stimoli esterni. E quando questi superano la nostra capacità elaborativa subentra l’angoscia. Penso ai bambini o ai vecchi che non escono di casa perché non sono in grado di controllare l’eccesso di stimoli».

Insomma, Faust si è totalmente affidato a Mefistofele?
«Sì, anche se con Goethe siamo ancora in un contesto antropologico. Invece nell’era della tecnica si è verificato un passaggio veramente significativo: nell’esperimento nazista si è passati dall’agire in vista di uno scopo, al puro e semplice fare. Un operaio che lavora in una fabbrica di mine antiuomo si esonera dagli scopi finali del suo prodotto».

In questo scenario operano anche i militari in guerra?
«Certamente. Ricordo un’intervista a un aviatore americano subito dopo il bombardamento di Belgrado: gli chiedevano cosa avesse provato a lanciare missili sulla popolazione. Risposta: “Niente perché questo è il mio lavoro”».

Procreazione assistita, clonazione, eutanasia: esistono ricette da attuare a colpi di maggioranza?
«Il problema è grosso: non abbiamo un’etica all’altezza dell’età della tecnica. La nostra etica, cristiana, basata sull’intenzione, non è in grado di gestire l’imprevedibile. La tecnica invece produce effetti imprevisti come la clonazione che improvvisamente risulta dall’esecuzione di certe procedure. Di fronte all’imprevisto l’etica diventa patetica, invoca, implora. Come si fa a impedire alla tecnica di fare ciò che può fare?».

I nuovi vizi secondo Galimberti: sociopatia, spudoratezza, consumismo, conformismo, sessomania, culto del vuoto. È proprio il caso di dire “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. C’è addirittura uno spot della Presidenza del Consiglio che invita a consumare di più facendo la spesa.
«Lo spot è osceno ed è osceno che si sia pensato di farlo. Alla base c’è la convinzione che la vita sia un processo di crescita infinita. Invece gli uomini sono tanti, la terra è poca e le risorse
non sono infinite».

A proposito di peccati: Rocco Buttiglione annovera tra questi anche l’omosessualità.
«La dimensione della fede deve riguardare la coscienza e non la sfera pubblica. L’occidente ha svincolato i comportamenti dai precetti religiosi, il laicismo consente a tutti un’esistenza nelle modalità in cui ciascuno crede. È il principio della libertà che non deve essere messo in discussione con motivazioni
religiose».

Che cosa è la "cultura berlusconiana" di cui lei parla?
«È uno stato dove l’umanità non dovrebbe porsi troppi problemi e troppe domande, dove la vita è godimento e fruizione di oggetti, dove pensare non è interessante ma molto più interessante è l’esibirsi».