Salvatore Poddighe, poeta di Dualchi, aveva al cuore un nobile intento: dare lughe a sa zente isolana, aprire gli occhi ai sardi con i versi, spiegare a dogni frade e a modo suo perché esi-stono ricchezza e povertà. Senza cadere nel tranello teso dai preti: «Ci fanno credere che se siamo sfortunati è perché Dio non ci ha dato fortuna». Per far questo si affidò alla sua lingua, il logudorese del Marghine, e con qualche farci-tura di italiano e campidanese scrisse in tre parti, tra il 1917 e il ’22, Sa Mundana Cumme-dia, opera che la Pro Loco di Dualchi ha recentemente ri-stampato. Considerata un punto fermo della poesia sarda, ha rappresentato uno strumento essenziale per la trasmissione della coscienza civile in ampi strati della popolazione. Sa Mundana appartiene a un uni-verso culturale- al di là della stampa e della critica “ufficia-le”- ancora in parte sommerso, a quella “letteratura alla macchia” di cui acutamente parlavano Antonio Pigliaru e Michelangelo Pira.
Nel ’24 la tipografia Varsi di Iglesias pubblica le tre parti del componimento in ben 3500 copie e il Concilio dei ve-scovi sardi vieta ai poeti estemporanei di trattare argomenti di dottrina ecclesiastica. Fioccano ammonizioni, multe, divieti, sino a che dal ’32 al ’37 Chiesa e fascisti mettono al bando le gare poetiche. Ecco perché nell’ottobre del 1935, «avendo da parecchi mesi con-sumato le copie», ziu Bore è costretto a pregare il prefetto di autorizzare la ristampa del suo lavoro: «La tipografia non intende incominciare senza il nulla osta delle Autorità com-petenti. E perciò prego la Si-gnoria Vostra Illustrissima per-ché voglia gentilmente provve-dere alla mia umile domanda». Il 4 novembre, il questore inca-ricato dal prefetto risponde che «l’opuscolo in dialetto sar-do Sa Mundana Cummedia del quale l’autore Poddighe Salvatore, residente in Iglesias, chiede il nulla osta per la ri-stampa», non può essere pub-blicato perché «incita all’odio di classe e al vilipendio della religione ed i suoi ministri, e come rilevarsi dall’ultima pagi-na, è una pubblicazione fatta nel 1919 all’epoca rossa».
In più, dispone il sequestro di tut-te le copie ancora in vendita. Poddighe non riesce a tollera-re la censura. Privato anche dell’introito derivato dall’atti-vità letteraria che gli consenti-va di arrotondare lo stipendio da minatore, cade in depres-sione. Si toglie la vita a Iglesias il 14 novembre del 1938. Era nato a Sassari il 6 gen-naio del 1871 ma con la fami-glia si era trasferito immedia-tamente a Dualchi, paese dei genitori Bachisio e Filomena S Piras. In quegli anni rincorre-vano occasioni di lavoro dopo un rovescio di fortuna e il gior-no della nascita di Salvatore si trovavano in città perché Ba-chisio era al servizio dei mar-chesi di San Pietro e di San Se-bastiano come vignaiolo. La passione per i versi Salvatore la eredita dal padre e fin da ra-gazzo legge e addirittura pub-blica le gare poetiche di noti improvvisatori. A 18 anni, do-po aver imparato a scrivere da autodidatta, abbandona Dual-chi per cercare fortuna in mi-niera. Raggiunge Iglesias come migliaia di altri suoi coetanei per calarsi nei pozzi di Monte-poni e San Giovanni.
Qui si sposa, ha sei figli, conosce al-tri poeti con i quali si incontra la sera nelle bettole per im-provvisare. Sono Sebastiano Moretti di Tresnuraghes, Pie-tro Caria di Macomer, Antonio Bachisio Denti di Ottana. I lo-ro versi contra a s’isfruttadore sono ancora vivi nella memo-ria di molti. Sa Mundana Cummedia, si-no a ieri praticamente introva-bile, è stata dunque rispolve-rata. E non si tratta solo di un atto d’amore e di coraggio. Perché proporne la ristampa con una versione in italiano, aggiungere la storica critica di Salvator Angelo Vidili, la rispo-sta di Poddighe e una lirica di Pietro Caria, è soprattutto una significativa iniziativa cultura-le. Ben lungi da qualunque ri-caduta economica, la Pro Loco di Dualchi pubblica la compo-sizione più famosa di ziu Bore 25 anni dopo l’edizione curata da Gianpaolo Mura per l’Edi-trice sarda artigiana. Il compo-nimento era considerato un ti-tolo fondamentale da Antoni Cuccu, il nume tutelare delle opere in limba. Per anni, nelle feste paesane e nei mercati di Riappare dopo 25 anni (ma sempre per pochi) la Bibbia dei sardi di Bore Poddighe Salvatore Poddighe ritratto a Torino dove era emigrato con la famiglia, nel 1910 Il poema, scritto tra il 1917 e il 1922 con l’intento di “dare lughe a sa zente isolana” ha rappresentato uno strumento formidabile (e inviso) di crescita civile mezza Sardegna, non era diffi-cile incontrare l’omino di San Vito con la valigia carica di pic-coli e popolarissimi libretti co-lorati. Dalla quarta di coperti-na dei suoi supertascabili, Cuc-cu ammoniva: «Sa Mundana Cummedia – Critica e Contra critica in difesa ’e Sa Munda-na… sun tre libros de tenner in dogni domo paris su Vange-lu».
Tre libri da possedere in tutte le case come il Vangelo, «e i loro insegnamenti vanno messi in pratica per il bene dell’umanità». Sarà per questo che Peppe Lai, presidente del-la Pro loco dualchese, ha in-tenzione di ridare alle stampe tutti gli scritti di Poddighe, una decina di titoli: «Ci stiamo la-vorando», spiega, «stiamo rac-cogliendo informazioni, foto-grafie, manoscritti». Uno scavo nei ricordi che da anni sta coinvolgendo tutto il paese. Nel ’99 l’insegnante Angela Fois pubblicava un intervento sul poeta in un volume stampato dall’amministrazione comuna-le, l’anno dopo si inaugurava il primo concorso di poesia sarda in rima dedicato a Pod-dighe.
Adesso la ristampa de Sa Mundana con la versione italiana curata dalla stessa Fois. «Si tratta di un componi-mento poetico didascalico di grande respiro», scriveva Mi-chelangelo Pira ne La rivolta dell’oggetto. Contiene «istru-ziones in versos dialettales a sa sarda gioventude per spie-gare il formarsi delle classi so-ciali e le ragioni, non divine e non naturali, ma storiche del-le ingiustizie sociali e della di-seguaglianza. Contiene una violenta polemica contro i ric-chi, i potenti e il clero in nome di un dio giusto e popolare». Poddighe è anticlericale, influenzato dal pensiero anarchico e socialista. La durezza della miniera, il malessere, la vita sradicata dalle campagne, forgiano il carattere del poeta. Secondo Pira, il testo di Poddi-ghe interpreta l’ideologia egualitarista senza scarti della cultura popolare di lingua sar-da e «può essere paragonato solo a quel che è stato il Mani-festo per la cultura della clas-se operaia.
Sa Mundana Cummedia merita uno studio a par-te». Dopo quasi trent’anni, l’auspicio dell’intellettuale bit-tese non è stato ancora messo in pratica. Perché il buon lavo-ro di Gianpaolo Mura del 1980, è andato esaurito quasi subito e mai più ristampato. Perché, seppur validissima, l’i-niziativa della Pro Loco ha un raggio d’azione ridotto e so-prattutto perché, sino ad ora, è mancato l’impegno di un edi-tore importante che garantisse la giusta diffusione all’opera del poeta di Dualchi. Sa Mun-dana, poema alla macchia, re-sta quasi proibito, oggi come allora. WALTER FALGIO