I ricercatori di Progenia tagliano
il nastro dei cinque anni di
attività promettendo la grande
scoperta: i geni responsabili dell’invecchiamento.
«È molto probabile
che li troveremo e a quel
punto, con l’opportuna prevenzione,
si potrà vivere più a lungo
e più sani». Antonio Cao, direttore
dell’Istituto di Neurogenetica
e Neurofarmacologia del
Cnr (INN), uno dei due enti coinvolti
nel progetto assieme all’americano
National Institute of
Health, non lesina previsioni
estremamente attraenti: «Se individueremo
il gene che controlla,
per esempio, l’elasticità arteriosa,
qualità che quando viene a
mancare può causare come è
noto gravi malattie sino alla
morte, si potrà intervenire a livello
preventivo sui soggetti predisposti
già dalla giovane età.
Proviamo a immaginare quale
vantaggio possa rappresentare
per tutti una simile scoperta».
Gli studi sui segreti della vita
non a caso avvengono in Sardegna,
nei paesi ogliastrini di Lanusei,
Ilbono, Arzana ed Elini.
La popolazione di questo territorio
abita in un ambiente omogeneo
e soprattutto discende da
un gruppo limitato di capostipiti.
La lente della scienza è puntata
su un campione di persone
molto rappresentativo che, nei
millenni, ha subito poche mutazioni
genetiche a causa dell’originario
isolamento. Queste caratteristiche
sono tipiche della
realtà sarda ma difficilissime da
riscontrare, per esempio, negli
Stati Uniti. Uno dei motivi per cui
gli americani del NIH, sposando
l’idea del ricercatore recentemente
scomparso Giuseppe Pilia,
avevano deciso di finanziare
totalmente il progetto per complessivi
10 anni di lavoro con la
significativa cifra di 22milioni e
521mila dollari, quasi 18milioni
di euro.
Le istituzioni italiane, invece,
non hanno sborsato un
centesimo. Cao ricorda le condizioni
dell’accordo con il National
Institute of Health: «La proprietà
intellettuale è divisa equamente
tra Cnr, americani e i singoli ricercatori.
In più abbiamo previsto
una clausola in base alla quale,
nel caso in cui si giunga a una
scoperta importante, una percentuale
consistente dei guadagni
potrà essere utilizzata per
migliorare l’assistenza sanitaria
in Sardegna».
Una garanzia in più per la popolazione
che sta collaborando
con entusiasmo all’iniziativa. Lo
confermano i ricercatori David
Schlessinger e Manuela Uda che
venerdì e ieri a Cagliari e a Lanusei
hanno partecipato a due iniziative
per festeggiare il primo
lustro di Progenia. Al momento
I
sono state effettuate visite cliniche
associate ad analisi strumentali
e di laboratorio su 6000
volontari di età tra i 14 e i 96 anni.
Lo scopo è quello di misurare
i parametri di invecchiamento
come rigidità, elasticità, spessore
delle pareti arteriose. Si
svolgono esami ecografici del
cuore, si misura l’altezza, il peso,
la circonferenza della vita in
quanto indicatore di obesità, i
parametri biochimici del sangue.
«In totale abbiamo individuato
90 caratteri quantitativi e in più
è stato distribuito un questionario
per valutare la personalità»,
spiega Cao. Dopodiché si passa
alla fase più delicata. «Fatto il
primo screening procediamo a
un secondo e a un terzo ciclo di
visite.
A gennaio di quest’anno
quindi è cominciata la genotipizzazione
». Di cosa si tratta? Il genetista
sardo di fama mondiale,
già docente di Pediatria all’Università
di Cagliari, prosegue:
«Nelle sequenze del DNA ogni
250 paia di basi intervengono
variazioni naturali. Queste variazioni
ci consentono di tracciare
una serie di punti da accoppiare
con le variazioni dei caratteri
quantitativi. Ora, con calcoli molto
sofisticati, stiamo proprio associando
questi punti del DNA ai
caratteri variabili. Per essere ancora
più chiaro, cerchiamo di associare,
ad esempio alla rigidità
arteriosa, i geni responsabili di
questo fenomeno». E qui sta il
cuore della ricerca. Raggiunto
questo risultato si potrà dire di
aver scoperto la causa dell’invecchiamento
dell’uomo e si potranno
quindi ipotizzare accorgimenti
per vivere meglio e di più.
Perché, trovato il gene, si trova
anche il farmaco. «Si apre così la
possibilità per condurre ricerche
importanti, per attivare quello
che gli americani chiamano
spin-off», aggiunge Cao. Tradotto,
una ricaduta aziendale nata
dalla ricerca scientifica. Magari
nell’industria farmaceutica. Magari
proprio a Lanusei. Per avere
una risposta forse basterà
aspettare altri cinque anni.