L’8 settembre ancora divide «Non fu solo una catastrofe»

Otto settembre, morte
della patria o nascita
della democrazia? Questione
apertissima sulla quale
l’Italia ancora si divide.
Uno degli eventi più tragici
della storia recente, elaborato
e rielaborato nella
coscienza collettiva, oggetto
di accese dispute, non
solo tra addetti ai lavori. A
partire dalle scelte contrapposte
di partigiani e
saloini, dalle responsabilità
della disfatta, dalla rimozione
che sino agli anni
Cinquanta ha nascosto
pezzi di verità. Per Claudio
Natoli, docente di Storia
contemporanea all’Università
di Cagliari, il dopo-armistizio
non è stato solo
una catastrofe. La conquista
della democrazia è cominciata
da quelle macerie.
Otto settembre 1943:
una Caporetto senza redenzione,
scrive lo storico
Mario Isnenghi.Perché
da quella data è cambiato
il destino dell’Italia?
«Questo evento ha segnato
una radicale rottura
nelle vicende interne dell’Italia
non solo per il crollo
della classe dirigente che
aveva sostenuto il fascismo,
ma anche per la dissoluzione
dello Stato e dell’unità
nazionale.

Tutto ciò
accadde a seguito della disastrosa
conduzione della
guerra da parte del regime
e delle sue corresponsabilità
nelle politiche di oppressione
e genocidio perseguite
dalle potenze dell’Asse
e dai governi satelliti.
Ma con l’8 settembre
crolla anche un’idea di potenza
e di nazione su cui il
fascismo aveva cercato di
modellare lo Stato totale e
la mentalità degli italiani».
Come ci si è risollevati
dopo la catastrofe?
«Nella catastrofe nazionale
irrompe la questione
della rinascita dell’Italia
dalle macerie del fascismo
e della guerra: il ruolo di
soggetto attivo del popolo
italiano nella lotta di liberazione,
la formazione di una
nuova classe dirigente, la
conquista di una democrazia
profondamente rinnovata,
il reinserimento dell’Italia
nell’Europa liberata.
In questo senso l’appello
alla Resistenza da parte
del Comitato di liberazione
nazionale, il 9 settembre
1943, rappresenta già un
nuovo inizio nella storia
d’Italia».
Dopo più di sessant’anni
come sono stati messi a
fuoco nella memoria collettiva
i giorni dell’armistizio?
«Esistono diverse elaborazioni
della memoria
pubblica e una vasta gamma
di memorie individuali
e di gruppo. Si pensi anche
alle differenze territoriali,
ai comportamenti della popolazione
o alle condizioni
dei militari nei fronti di
O
guerra. E infine alle posizioni
contrapposte di coloro
che combatterono nella
Resistenza e di coloro che
militarono nelle fila dei fascisti
di Salò, il cui ruolo
non va enfatizzato e rivalutato,
ma non può essere
cancellato.

Non c’è dubbio
che nel secondo dopoguerra
la costruzione della memoria
pubblica dell’Italia
repubblicana abbia teso a
rimuovere la catastrofe
dell’8 settembre separando
le responsabilità del fascismo
da quelle del popolo
italiano. Penso per
esempio al “colpo di spugna”
che riguardò dopo il
1945 i vertici militari anche
in riferimento ai crimini
commessi in Libia, in
Etiopia, in Spagna e nei
Balcani. Infine non va sottovalutato
il ruolo determinante
della “guerra fredda”
e dell’anticomunismo
nell’ostacolare per tutti gli
anni ’50 una assunzione di
responsabilità collettiva nei
confronti del passato fascista.
Solo negli anni ’60 e
’70 si aprirà una fase nuova
».
Il dibattito storiografico
sulle conseguenze
dell’8 settembre è ancora
aperto: fu “la morte della
patria”, come ha scritto
Ernesto Galli della Loggia
riprendendo Salvatore
Satta, o piuttosto l’avvio
del riscatto?
«Lo slogan della “morte
della patria” vorrebbe accomunare
la caduta del fascismo
a una catastrofe
della nazione in cui il Paese
sarebbe precipitato sino
alla crisi dei giorni nostri.
Si cancella in tal modo il
dato storico che proprio attraverso
la Resistenza si
realizzò in Italia l’incontro
tra classi lavoratrici e nazione
e si affermò un nuovo
modo di coniugare nazione
e democrazia, in una
prospettiva di pace e di solidarietà
tra i popoli. Si
propone inoltre una lettura
liquidatoria dell’Italia repubblicana
che vorrebbe
azzerare le sue radici storiche
e ideali attribuendo ai
CLN le origini della “partitocrazia”
e delle degenerazioni
della vita pubblica
che risalgono all’era di
Craxi e di Berlusconi».
A proposito della Resistenza,
lo storico Sergio
Luzzatto parla di un terreno
dove gli italiani devono
rintracciare ora e
sempre i confini non negoziabili
della loro identità.
Il presidente del Senato
Marcello Pera definisce
l’antifascismo un
“mito incapacitante”. La
pacificazione è ancora
lontana?

«L’idea di “pacificazione”
nazionale di Marcello Pera
sembra voler annullare, oltre
il legame tra antifascismo
e nuova cittadinanza
democratica alla base della
Costituzione, la memoria
critica del passato fascista
come parte integrante
dell’identità dell’Italia repubblicana.
Emerge un’idea
di nazione priva di storia,
dai tratti neo-autoritari
e plebiscitari, in cui la costruzione
di una artificiosa
e manipolabile “memoria
condivisa”, dovrebbe cancellare
i momenti conflittuali
del passato».
La mancata difesa di
Roma,altra ferita profonda.
Perché la capitale fu
abbandonata?
«La mancata difesa di
Roma corrispose alla scelta
della monarchia, di Badoglio
e dei vertici militari
di evitare uno scontro diretto
con i tedeschi e qualsiasi
mobilitazione popolare.
Le conseguenze di questa
scelta furono incalcolabili
».
Che successe in Sardegna
dopo l’armistizio?

«La Sardegna non conobbe
né l’occupazione tedesca
né la repubblica di
Salò perché il comandante
militare, generale Antonio
Basso, permise un ritiro
pacifico verso la Corsica
dei corpi della Wehrmacht
dislocati nell’isola. Conseguentemente
non si sviluppò
nemmeno il movimento
della Resistenza, i
fenomeni di mobilitazione
collettiva, di rinnovamento
democratico e civile e di resa
dei conti con il fascismo
».
Oggi si pone con forza
l’esigenza di riconfermare
i valori fondamentali
della Costituzione, nonostante
la memoria divisa,
anche sull’8 settembre.
Che strada percorrere?
«La nostra Costituzione
sancisce valori di civiltà
che hanno segnato l’identità
e la rinascita democratica
e civile dell’Europa nel
secondo dopoguerra e che
conservano oggi la loro validità.
Proprio questa nuova
“cittadinanza democratica”,
nel rispetto delle specificità
e delle differenze,
costituisce il terreno per la
costruzione di una vera
identità nazionale ed europea
».