Il calvario di Amerigo nell’America di Reagan

Era il 1980, New York. Il
cagliaritano Amerigo Marras,
allora poco più che trentenne,
terminava la traduzione
di un opuscolo di quindici
pagine scritto dal giornalista
Massimo Consoli su “omosessualità
e comunisti” e sul “Comune
di Roma e gli omosessuali”.
Nasceva così un libretto,
The Italian Communist
Party and the Massimo Consoli
Gay International Archives,
che per Marras si sarebbe
tramutato in una nera condanna.
In seguito alla pubblicazione
di quelle poche righe e a
causa della sua militanza di
sinistra, il giovane cagliaritano
subì una pesante inchiesta
da parte dell’FBI. Ricorda lucidamente
la vicenda lo stesso
Consoli: «Omosessualità e
Comunismo erano le due parole
più proibite nell’America
maccarthiana e reaganiana.
Averle messe insieme, per
Amerigo Marras, è stato fatale.

Subì un’inchiesta, la sua libreria
e la sua abitazione furono
perquisite due volte,
sempre illegalmente e sotto la
minaccia delle armi, e lui soggetto
ad una straziante procedura
giudiziaria che lo costrinse
ad abbandonare il
Paese».
Il testo sul Partito comunista
e sull’archivio del movimento
gay internazionale è
ancora in vendita. Dopo una
breve ricerca in Rete la pubblicazione
spunta fuori in una
libreria di San Francisco all’incredibile
cifra di 75 dollari,
all’incirca 60 euro: niente
male per un saggio di sole
venticinque pagine.
«Ho avuto modo di vedere i
documenti che riguardavano
Marras, rilasciati dall’FBI al
suo avvocato, con parecchie
strisce nere di pennarello o
d’inchiostro laddove la polizia
federale non voleva che si
conoscessero determinate co-
E
se», continua Consoli: «Per
anni, quando mi raccontava
per l’ennesima volta quanto
gli era accaduto, Amerigo ne
era ancora terrorizzato, traumatizzato,
non riuscendo a
capacitarsi che una cosa del
genere fosse potuta capitare
proprio a lui, la persona più
tranquilla e pacifica e non
violenta che ci fosse al mondo
».

A ben vedere, il libro di
Amerigo Marras e di Massimo
Consoli non conteneva
un’apologia del PCI. Piuttosto
la traduzione dell’intellettuale
cagliaritano metteva in rilievo
criticamente e obiettivamente
i contrasti tra il partito
e il movimento gay italiano
esplosi negli anni Settanta.
La tensione di chi si sente
costantemente controllato e il
terrore di finire in cella per
chissà quale imputazione
spinsero Amerigo Marras ad
abbandonare New York e a
trasferirsi in Francia. Ed è
proprio in questo Paese, esattamente
a Nizza, che Massimo
Consoli lo ha incontrato
per l’ultima volta: «Il 21 settembre
del 2000 stavo all’ospedale
Pasteur, reparto neurologia
D, primo piano, camera
199. Lì Amerigo, sforzandosi
per riuscire a farsi capire
in maniera intelligibile, mi
chiese di vendicare la sua memoria.
Morì tra il 13 ed il 14
ottobre successivo».
Nato il 19 dicembre del
1948, Marras si trasferì giovanissimo
in Canada, a Toronto,
dove si laureò in Architettura.
Diede vita a un circolo
culturale polifunzionale e
multimediale insieme a vari
attivisti che si incontravano a
casa sua. «Il Glad Day Bookstore,
il primo Gay Pride canadese,
il prestigioso “The
Body Politic”, negli anni Settanta
una delle più importanti
pubblicazioni gay: tutto
questo nacque a casa sua», ricorda
ancora Consoli.

Nel frattempo Marras mise
in piedi un importante archivio
sulla storia dei movimenti
omossessuali. Dopo il trasferimento
a New York questi
materiali fecero capo alla libreria
“WW3” che Marras
aprì insieme ad altri collaboratori,
e in seguito furono donati
parte al “Lesbian & Gay
Community Services Center”
e parte alla “New York Public
Library”, costituendo il nucleo
fondamentale di una delle
più grosse collezioni al
mondo nel suo genere. «Ma
stranamente, da questo lavoro
di assoluta dedizione Marras
non ha mai ricevuto nemmeno
un grazie», lamenta
Consoli.
Ora lo scrittore-giornalista,
storico fondatore del movimento
gay italiano, autore di
libri di successo come Homocaust
(Kaos) sulla persecuzione
subita dagli omosessuali
sotto il regime nazista, negli
ultimi tempi ha sentito il dovere
di riportare alla luce
questa storia. Seppure, dice,
forse con troppa autocritica,
«mi resta l’amaro in bocca
per non essere stato capace
di vendicare la memoria di un
amico carissimo».
L’auspicio di Consoli: presentare
ora una richiesta ufficiale
al governo degli Stati
Uniti affinché riconosca di
aver sbagliato nel giudicare
Marras e porga delle scuse
postume.