(10 agosto 2011) Sconcerta leggere della guerriglia londinese con i suoi 1200 arresti e delle borse europee che colano a picco. Inizialmente spaventa – ma poi induce ragionamenti che vanno oltre la reazione emotiva – assistere allo sconquasso sociale ed economico dell’Europa, con lo spettro del downgrade che ora si aggira in Francia e con l’incertezza degli analisti. Londra, è retorica dirlo, si trova dietro l’angolo. Come è dietro l’angolo Parigi e l’Africa mediterranea. Ragioni diverse (la Spagna è sicuramente altra cosa) ma non diversissime stanno spingendo angoli vicini del pianeta verso una rivolta che non è rivoluzione ma che ha il sapore dell’incertezza, di un futuro che riflette un presente nerissimo. Quasi tutti i commentatori parlano dei quartieri della metropoli inglese (da Tottenham in poi) in balia del disagio profondo, dove le condizioni di vita sono ai limiti di qualunque tolleranza. Se poi una miccia resistente (e l’uccisione del ragazzo nero lo è) innesca un simile detonatore di rabbia, il risultato si può immaginare e, ora, si vede. Trarre conclusioni adesso non ha senso e non serve. Sarà (come si dice) la storia a stabilire una qualche verità. Ma non si può non condividere la consueta, problematica lucidità di Adriano Sofri che parla drasticamente ma realisticamente di un “capitalismo nella sua agonia“. Di un sistema che frana, senza alternative apparenti, senza una via d’uscita. Siamo alle fasi finali di un “paradigma”, per dirla con Thomas Kuhn? I modelli del rilancio allo spasimo, del consumo vorticoso e malato, non possono funzionare, soprattutto per chi arranca tutti i giorni senza capire dove andare. Mutuo il concetto di modernizzazione regressiva espresso da Marco Revelli nel suo ultimo libro, per rappresentare, forse nel modo più eloquente, l’origine di un disagio, forte, epidermico che affligge credo molti, come me, ma che stimola anche un surplus di attenzione.
(walter falgio)