Appello per l’Iran: l’isolamento può ucciderci

Mehran Sadoughi è un
iraniano di 40 anni. Da
22 vive a Cagliari e fa
l’odontoiatra. Ha tre figli battezzati
e una «moglie cristiana
». Ci tiene a sottolineare:
«Mio fratello, invece, vive in
Belgio con una moglie ebrea».
Basta parlare con lui pochi minuti
per capire che non si ha di
fronte un fondamentalista:
«Occidentali e iraniani hanno
molte cose in comune».
Crede sopratutto nella famiglia
e in un Dio che secondo le
culture assume nomi differenti.
Oggi ha deciso di lanciare
un appello perché teme una
guerra contro gli Usa. «Chiedo
aiuto al popolo italiano. Io, come
buona parte degli emigrati
iraniani, sono preoccupato per
i miei familiari rimasti in
Iran».

Perché?

«Temo un conflitto con gli
Stati Uniti».

Come vi può aiutare il popolo
italiano?

«Interessandosi alla crisi
Iran-Occidente».

Il presidente del Consiglio
Romano Prodi lo sta facendo
in prima persona.

«Sì, ma chiedo aiuto a tutti
gli italiani. Dovete cercare di
informarvi, capire chi sono gli
iraniani. Perché mai dovremmo
passare dei guai per colpe
che non abbiamo?».

Da quanti anni vive in Italia?

«Ventiquattro».

Quali sono i valori della sua
cultura d’origine che insegnerà
ai suoi figli e quali invece
quelli della cultura occidentale
che ritiene di aver
sposato?

«Non esistono grandi differenze
tra la cultura di un iraniano
e la cultura di un italiano
o di un americano. Ci sono
tante cose che ci accomunano
».

Per esempio?

«Il valore che si conferisce
alla libertà, il senso della famiglia,
della giustizia, l’onestà.
M
Io, per esempio, ho i figli battezzati
».

È innegabile che esistano
degli aspetti della cultura
islamica difficilmente integrabili
nella cultura occidentale,
e viceversa.

«Non parlerei di cultura islamica.
Parliamo di cultura delle
persone, di come vivono, di
quello che leggono. I ragazzi
iraniani usano Internet, abbiamo
le parabole».

Parliamo di emancipazione
della donna in Iran.

«Le ragazze si coprono con il
velo per strada ma poi nelle feste
private vestono con le griffe
internazionali. Certo, in Iran
è difficile vedere due ragazzi
che si baciano in pubblico, ma
questo non è un fattore che influenza
la cultura di un popolo.
Si tratta di usanze, come il
chador, che non devono costituire
una separazione tra culture.
L’Iran è un paese pieno
di sfaccettature».

Perché è partito dall’Iran e
ha scelto la Sardegna?

«Sono partito dall’Iran a 17
anni, durante la guerra contro
l’Iraq. Sono arrivato in Italia,
non tanto per scappare dal
mio Paese, quanto per salvarmi
la vita. Sono stato a Padova
e poi in Sardegna».

In Sardegna come ha vissuto?

«Inizialmente ho usato i soldi
che mi aveva dato mio padre,
poi ho dovuto lavorare.
Due giorni dopo l’esame di diploma
al liceo Michelangelo di
Cagliari, ho cominciato a fare il
carrozziere, poi il panettiere e
il rappresentante di oreficeria
e gioielli. Sono stato cameriere
a Santa Teresa di Gallura, d’estate,
mentre d’inverno facevo
il cuoco. Intanto studiavo all’Università
».

Qual era la sua vita in Iran
prima di arrivare in Italia?

«Andavo a scuola come tutti
ma almeno due volte alla settimana
facevo “vela” in giro con
una R5 di un mio compagno di
classe senza patente. La massima
trasgressione era ascoltare
Michael Jackson a tutto
volume. Erano gli anni difficili
dopo la rivoluzione di Khomeini
».

Le ragazze?

«C’erano ma noi non le vedevamo
».

I programmi di arricchimento
dell’uranio in Iran
hanno davvero fini pacifici?

«Non saprei. Però penso che
qualsiasi Paese abbia il diritto
di usare l’energia nucleare con
fini pacifici».

Pensa che l’attuale crisi tra
Iran e Occidente si possa risolvere
per vie diplomatiche?

«Me lo auguro. Non vorrei
che succedesse come con l’Iraq,
per cui si è mentito sull’esistenza
di armi di distruzione
di massa solo per dichiarare
guerra».

In Iran una ragazza di nome
Kobra Rahamanpour, accusata
di aver ucciso la suocera
che la perseguitava, è
stata condannata a morte.
Che ne pensa?

«Sono contrario alla pena di
morte».

La sua opinione sulle parole
del Papa pronunciate a Ratisbona
e sulla reazione della
Guida suprema dell’Iran,
Ali Khamenei, che considera
Benedetto XVI uno strumento
nelle mani di Bush e dei
sionisti.

»Preferisco non rispondere».

Lei è credente?

«Credo in un Dio, grande architetto
del mondo che ha
creato gli uomini ed è uguale
per tutti. E che possiamo chiamare
come vogliamo».