(8 agosto 2013) "Su Twitter arriva il pulsante anti abusi". "Giro di vite contro gli stalker virtuali". "Più controlli sui social network, bandite le offese". Più o meno così hanno titolato tutti i giornali del mondo in seguito alla vicenda delle attiviste inglesi minacciate di morte e di stupro in Rete (solo uno degli innumerevoli esempi di cyberbullismo: la storia di Flora e di Hannah).
La Stampa ha riportato: "Rivolgo personalmente le mie scuse alle donne che sono state insultate su Twitter e per quello che hanno passato", ha scritto sul suo profilo personale il direttore generale di Twitter Uk, Tony Wang. "Gli insulti di cui sono state vittime semplicemente non sono accettabili. Non è accettabile nel mondo reale e non è accettabile nemmeno su Twitter".
Due considerazioni in merito. La prima è che la violenza verbale, virtuale, fisica che sia, è sempre violenza. Gli eccessi a cui spesso si assiste sulle pagine Facebook e dintorni non possono essere vagliati e soppesati con criteri differenti da quelli che si applicano nella "vita reale" icasticamente richiamata da Tony Wang. Se qualcuno mi insulta attraverso un canale telematico è come se lo facesse di persona. In più tradisce soltanto una buona dose di vigliaccheria.
Detto questo, e giungo al secondo punto, non sarà certo attraverso i pulsanti anti offese che si risolverà il problema. La trovata di Twitter, secondo me quasi una scelta obbligata anche in seguito al fattaccio inglese dove è stata coinvolta una parlamentare, non credo aiuterà a calmierare i toni. Servirà al massimo ad espellere l'ennesimo anonimo dal social network o eventualmente a segnalarlo alla polizia postale.
In realtà la maleducazione si risolve solo con l'educazione. La maturità necessaria per affrontare un qualunque confronto con chiunque su qualsiasi argomento non si acquisisce con un corso accelerato. Come giustamente è stato osservato su Zapping 2.0 (1:06) da Massimo Mantellini, devono essere le scuole (e le famiglie) a mettere in campo risorse e competenze per insegnare approcci, linguaggi corretti e bon ton agli internauti del presente (e del futuro).
Tra gli obiettivi formativi della scuola (anche primaria) in Italia è naturalmente contemplata la capacità di usare e conoscere strumenti e tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Il ministero dell'Istruzione ha messo in campo diversi programmi negli ultimi anni. Genericamente ricordo il Servizio di documentazione sul software didattico, con il Cnr, dove si trovano ancora catalogate diverse esperienze concrete, quindi il Piano scuola digitale e il Patto per la Scuol@ 2.0.
Leggendo questi documenti si trovano enunciati tanti buoni propositi. Da esperienze dirette, però, riscontro che a scuola di educazione scientifica telematica se ne fa ben poca.
PS: A proposito, più di 15 anni fa e prendendosela prevalentemente con l'uso smodato del telefonino, Claudio Magris invocava un galateo dell'uomo telematico: "Ma l'era telematica esige anche un nuovo galateo, per ovviare a quelle 'spiacevolezze e rozzezze di costumi' che – come scriveva Monsignor Della Casa nella sua famosissima opera omonima – non sono reati e non possono dunque venir colpiti dal codice penale, ma devono essere combattuti e messi in qualche modo al bando, perché arrecano gravi molestie alle persone, come le mosche e le zanzare, meno temibili delle tigri ma di fatto molto piu' fastidiose".
(walter falgio)
Facebook mobile e la scuola in Italia, un post dal blog di Luca De Biase