(1 luglio 2020) Si fa un gran parlare del “passato che non passa” nei simboli, nella toponomastica, nella statuaria che richiama dittature, violenza coloniale, razzismo. Sul tema si è aperto un dibattito internazionale stavolta stimolato dalla morte violenta di George Floyd ma che a cicli e da decenni investe il confronto culturale. In proposito abbiamo osservato, discusso, registrato eventi in tutto il mondo. Qui racconto però in due parole un bell’esempio casalingo, riscontrabile in qualunque momento in una strada del centro storico di Cagliari, città dove abito. Può essere definito come una singolare vicenda di cancellazione “arborea” della memoria che sistematicamente – e sottolineo non da oggi – riguarda la figura di un antifascista, cagliaritano da ragazzo, al quale gli studiosi di letteratura tedesca devono molto.
Giaime Pintor e la sua targa silenziosamente scompaiono. Manca poco perché la meravigliosa e inconsapevole pianta di capperi avvolga tutto il marmo. Già adesso è quasi impossibile scorgere la lapide che ricorda lo “Scrittore caduto per la patria mentre si versava il sangue d’Europa”, apposta il 30 marzo 1985 dall’associazione Amici del libro, animata dall’illustre Antonio Romagnino, e dal Comune di Cagliari.
In questo link a Google Maps si può osservare il luogo dove si trova l’iscrizione nascosta dalle piante che ricorda l’intellettuale Pintor.
E mentre il traduttore di Rilke che morì a 24 anni nel ’43 su una mina tedesca a Castelnuovo al Volturno nel tentativo di ricongiungersi con le formazioni partigiane scompare, pochi metri più in là, nella stessa via Porcell, campeggiano due simboli di quel “passato che non passa” sul monumentale prospetto del palazzo universitario di Biologia.
Ecco, anche in questo caso, il link a Google Maps.
E, ironia della sorte, si tratta proprio del fascio littorio che l’antifascista Pintor volle combattere sino alla morte e della croce sabauda, stemma del Regno che il fascismo sostenne. Come ha suggerito con molta lucidità Igiaba Scego in un recente articolo che qui ripropongo, queste circostanze devono sempre suggerirci domande e conoscenza: “Il delicato dibattito sulle tracce del passato non va ridotto all’abbattimento o meno di statue e monumenti. A sdegni incrociati. A veti. A rabbie. Va tutto discusso e reso patrimonio comune. In questa storia non c’è giusto o sbagliato. Ci sono le relazioni. Il consiglio di Rodari, ovvero quello di completare quelle tracce, è sempre da tenere presente”.
Nel nostro caso, per iniziare a ri-completare quelle tracce ombrose bisognerebbe perlomeno “liberare” Pintor dall’abbraccio dei capperi. E, aggiungo, rileggersi qualcosa di suo non guasterebbe.
(wa.f.)
Articolo di Igiada Scego su “Internazionale” del 9 giugno 2020
Il Costante piacere di vivere. Vita di Giaime Pintor di Maria Cecilia Calabri, Utet, 2007