Ancora una collaborazione con Enrico Spanu editore. Per Blue Sardinia (180 pagine a colori, edizioni in inglese, tedesco e francese, 30 €) ho scritto un breve intervento sulla Sardegna e il suo rapporto con il mare Mediterraneo. Il volume edito nel 2015 raccoglie i contributi di storici, archeologi, giornalisti e scrittori: Antonello Angioni, Giorgio Bejor, Donatella Bianchi, Aldo Brigaglia, Marco Cadinu, Lello Caravano, Giuseppe Carrus, Daniele Casale, Giulia Castelli, Maurizio Casu, Giovanni Antonio Lampis, Fabio Manca, Gianmario Marras, Edoardo Muroni, Elsa Pascalis, Pier Sandro Pillonca, Elio Pirari, Giampaolo Porcu, Matteo Rocca, Michela Seu e Gianni Zanata. Le molte immagini che arricchiscono l'opera sono dello stesso Spanu.
Isola nel Mediterraneo
– Dalla Sardegna, "come da un osservatorio", scriveva lo storico francese Fernand Braudel, si può scoprire "la storia generale del mare". Il Mediterraneo, che per millenni ha caratterizzato necessariamente il rapporto dell'isola con il mondo esterno.
Già la civiltà nuragica coltivava relazioni con le coste tirreniche ma anche con la Sicilia, Creta, Cipro. Fenici e Cartaginesi imporranno più tardi il loro dominio riconoscendo la favorevolissima collocazione dell'approdo Sardegna nel reticolo di rotte commerciali dal vicino Oriente all'Occidente e verso le coste africane. In più, l'isola al centro del Mediterraneo era ricca di risorse agricole e di metalli.
Forse anche per queste ragioni, in base al racconto di Erodoto, uno dei sette sapienti dell'antica Grecia, Biante di Priene, consigliava al popolo degli Ioni sotto il giogo persiano di navigare in direzione della Sardegna e di colonizzarla. Allo stesso modo il tiranno di Mileto Aristagora suggeriva ai Greci di raggiungere questa terra quale rifugio dalla schiavitù.
Quella della cultura ionica era però una visione a cavallo fra storia e tradizione. L'immagine della Sardegna nella realtà restituiva forse il tratto fondamentale – scriveva il geografo bretone – dietro approdi senza troppa durezza, una singolare resistenza alla penetrazione e alla conquista".
I romani avevano sperimentato tutto ciò, si erano imbattuti nella nota inaccessibilità delle zone montane popolate da le civitates Barbarie, a voler rappresentare le genti che più di ogni altre avrebbero conservato specifici e impermeabili caratteri di autenticità.
Questo scenario, dalla facile declinazione ideologica, ha fornito alimento a una secolare e talvolta sproporzionata dicotomia tra coste e interno. Porti e città come Carales, Nora, Turris Libisonis, Sulci erano centri importanti, separati ma non estranei all'entroterra, che ancora una volta ponevano l'isola in stretta connessione con i traffici mediterranei.
Pisa, Genova, i catalano-aragonesi, trasformarono le colonie commerciali in baluardi fortificati sempre affacciati sul mare, di cui ancora oggi si possono ammirare imponenti vestigia, da Cagliari ad Alghero o fino a Castelsardo. Le contaminazioni e gli scambi parallelamente investirono e arricchirono la Sardegna dei regni giudicali lasciando anche in questo caso importanti tracce d'arte giunte sino a noi.
Dunque un'isola aperta al Mediterraneo ma anche una terra che dal mare, per secoli, si è dovuta difendere. La miriade di torri costiere, oggi monumenti integrati nei profili del paesaggio, ricordano le innumerevoli incursioni barbaresche che sino ai primi dell'Ottocento hanno flagellato la Sardegna. Un "altro modo di inserirsi nella vita del Mediterraneo", osservava Braudel.
(walter falgio)
Locandina presentazione del volume a Cagliari 20 marzo 2015