(27 giugno 2013) Il rapporto tra Cagliari e le sue piazze nella storia non è stato facile. Luoghi come piazza del Carmine, Darsena, Costituzione o la ex piazza della Stazione ora Matteotti, sono il frutto di quella ridefinizione urbana operata dalla municipalità dopo gli smuramenti quindi in epoca relativamente recente. Siamo alla fine dell'Ottocento e la città assume un'immagine nuova segnata soprattutto dall'apertura dei grandi viali laddove sorgevano i baluardi spagnoli e piemontesi: via Roma, viale Principe Umberto, viale Terrapieno e largo Carlo Felice.
Queste strade nuove avrebbero dovuto essere messe in comunicazione proprio dalle piazze. Tuttavia, come ci spiega Silvia Martelli nel bel saggio Oltre le mura. Cagliari tra Ottocento e Novecento, "La piazza come spazio inserito organicamente nel tessuto urbano e quindi come uno degli elementi di una rete di luoghi, sembra non esistere a Cagliari: le poche volte che faticosamente si fa largo sembra essere solo un'area risultata dai limiti delle costruzioni o uno spazio di rispetto davanti agli edifici religiosi".
Nonostante la città militare e fortificata ceda il passo, diversamente da tanti altri centri urbani italiani, nella Cagliari di fine Ottocento stentano a prendere corpo luoghi pubblici e aperti di aggregazione e socialità. Sempre Martelli osserva per esempio che piazza Yenne, "pur essendo uno dei nodi di raccordo più importanti del centro cittadino, rimane per molto tempo uno spazio privo del decoro che ci si attenderebbe".
La spiegazione di una disaffezione storica di Cagliari verso la piazza potrebbe trovare fondamento nella tradizione di governo della città "quasi sempre caratterizzata da un sovrano disinteresse per la qualità della vita dei cagliaritani, lasciati vivere nei sobborghi e che ha concentrato i suoi pochi interventi entro le mura di Castello", scrive ancora Martelli. Aggiunge inoltre la studiosa: "La paura di creare degli spazi dove il malcontento popolare possa esprimersi, spiegano perché Cagliari [ancora nell'Ottocento] non abbia alcuna familiarità con l'idea di piazza che illumina la storia di altre città italiane". Ci vorranno ancora degli anni prima che Cagliari e i cagliaritani riconoscano e forse concepiscano uno spazio pubblico di incontro e di mercato. Gli stessi importanti progetti ottocenteschi di piazza Darsena e Stazione, in realtà, non sono altro che dei bei giardini recintati.
Certe zone della Cagliari storica scopriranno la piazza-mercato nel Novecento talora inoltrato (si pensi a botteghe, chioschi e fiorai in piazza Yenne) mentre altri quartieri forse non la scopriranno mai. Si pensi in questo caso a Castello dove piazza Arsenale è uno svincolo, piazza Indipendenza e piazza Palazzo, slarghi frutto per lo più di demolizioni post belliche, sono parcheggi, le terrazze del bastione di Saint Remy orfane del mercatino, non si capisce ancora cosa possano diventare.
Tuttavia, come è noto, la funzione dell'agorà risale considerevolmente nel tempo. Senza dover necessariamente richiamare la polis o la civitas, nelle città medievali italiane "questo spazio denso e intricato, che si apre e respira davanti al Municipio e alle maggiori chiese, diviene la scena di un nuovo e inedito protagonismo popolare che scalza man mano i poteri del signore edificatore e ne trasferisce le funzioni del governo alla communitas o universitas", scrive Gian Giacomo Ortu. Le piazze delle città medievali divengono anche mercati, "piccoli scenari di respiro mondiale", dove gli abitanti si sforzano di "ridurre un mondo alle misure domestiche di un luogo": (Leonardo Benevolo).
Ecco perché, forse, una piazza è importante. Perché è necessario tutelarla con tutti gli strumenti normativi disponibili ma soprattutto con la sensibilità del buon amministratore. E lo è ancor di più quando questo luogo, come spesso accade nei nostri centri storici, racchiude monumenti, beni artistici e culturali di primo livello.
Piazza Santo Sepolcro nel quartiere Marina, di cui tanto e a sproposito si è parlato in questi ultimi giorni, non fa eccezione. Intanto è bene ricordare che l'attuale localizzazione si trova ai confini del fondamentale asse viario formato da via del Collegio-via Dettori: "Tale percorso sinuoso è tracciato con molta attenzione secondo la tecnica della strada a doppia inflessione, ben nota in ambito centro italiano ed europeo. Si tratta di un modello stradale databile per la sua forma in un ambito temporale indicabile tra XI e prima parte del XII secolo", spiega Marco Cadinu. In sostanza, quando passeggiamo su queste strade siamo sopra l'antica struttura viaria pisana.
In quella che noi oggi chiamiamo piazza si trovava la "fonte nuova", fondamentale e antico luogo di approvvigionamento idrico del quartiere che ancora a metà dell'Ottocento, come testimoniato dal canonico Giovanni Spano, forniva il toponimo al luogo. Ma è soprattutto tra Cinquecento e Seicento che la chiesa e le sue pertinenze acquisiscono importanza per la città. Ovvero quando divengono sede della confraternita del Santissimo Crocifisso dell'Orazione e della Morte. Attorno al perimetro del monumento sorge un cimitero che, secondo le intenzioni dei confratelli, consente degna sepoltura ai meno abbienti. Questa funzione è confermata anche da una suggestiva cripta recentemente restaurata.
All'interno i richiami tardo gotici convivono con uno splendido episodio barocco come la Cappella della Pietà a pianta centrale ottagonale. L'elenco dei tesori del "Santo Sepolcro" potrebbe naturalmente continuare senza dimenticare la vasca con gradini scavata nella roccia, ultimo ritrovamento archeologico a lato dell'altare, che fa pensare a un battistero paleocristiano.
L'attuale fisionomia della piazzetta dove, da recente consuetudine, si ritrovano i bambini del quartiere, si deve a una sistemazione dei primi del Novecento. I motivi per difendere questo angolo di Cagliari dal tentativo di "colonizzazione baresca", allora, sono tanti. I motivi per sperare che la scalinata del Santo Sepolcro non faccia la fine della colonna miliare di piazza Yenne, tristemente ghermita da una moltitudine di oggetti plastici bianchi, sono davvero tanti. Difendere il bello di questa città è un dovere civile.
(walter falgio)