Archivio mensile:Marzo 2012

Volantini Br a Dell’Utri: spettacolo diseducativo

(29 marzo 2012) I 17 volantini delle Brigate rosse battuti all’asta oggi a Milano dalla Bolaffi sono stati aggiudicati a Marcello Dell’Utri per 17mila euro. Saranno conservati nella biblioteca milanese di via Senato.

Come ho già scritto, questa vicenda appare inopportuna e totalmente fuori misura. Un’operazione non condivisibile. Prima di tutto perché ritengo non si possa monetizzare un oggetto senza alcun valore culturale che piuttosto richiama drammi e ricostruzioni storiche ancora apertissimi, sia nella memoria delle vittime sia nella memoria dei carnefici. E poi perché ho l’impressione che dietro all’incanto dei volantini si celi una scontata manovra di marketing. Le case d’asta e i collezionisti più spregiudicati non sono nuovi a simili colpi di scena (per esempio si pensi a quante “reliquie” di Michael Jackson siano state passate per i banditori, compreso il tappeto dove è stato adagiato agonizzante). Ma in questo caso la musica cambia.

In un Paese che prova a fare i conti con una stagione difficile della propria storia recente, in un Paese dove la nomina di Maurizio Azzolini a capo di gabinetto al Comune di Milano suscita un vespaio, dove ancora adesso molte ferite del decennio Settanta e oltre non sono per nulla rimarginate. In un Paese dove, invece, c’è bisogno di comprendere a fondo una stagione di grande fermento sociale, dove solo un’analisi rigorosa, distaccata e ferma può ricucire un orizzonte frastagliato, la vendita dei fogli con la stella a cinque punte a Dell’Utri (o a chicchessia) si rivela soltanto uno spettacolo mal fatto e diseducativo.  

(walter falgio)

L’improbabile asta di volantini Br

(22 marzo 2012) Un collezionista privato scova dei volantini delle Brigate rosse in una Casa del Popolo. In assenza di acquirenti tra le istituzioni pubbliche (almeno secondo quanto afferma il responsabile della Bolaffi), le carte saranno messe all’asta il 27 marzo prossimo a Milano. Tutta questa operazione è opportuna? Secondo me no. Non è pensabile che una copia di un documento elaborato dal principale gruppo di lotta armata in Italia, certamente oggetto di procedimenti giudiziari, relativa a fatti sottoposti a indagine storica ancora apertissima, diventi merce.

Non è la prima volta che simili volantini compaiono in pubblico. Per esempio, una volta mi è capitato di vederne alcuni sui banchetti di un mercato antiquario, quindi, in contesti molto diversi rispetto a un’asta. L’iniziativa crea molto scalpore, fa pubblicità alla Bolaffi, consente di riflettere, ma stride enormemente con ciò che i documenti rappresentano e con il quadro sociale e politico al quale rimandano. E non si capisce poi che uso può essere fatto di un volantino delle Brigate rosse: non è un’opera d’arte che metti in cornice, non è un pezzo da collezione che metti in vetrina. Non è nulla di inedito, quindi non riveste particolare importanza sotto il profilo della ricerca. Insomma, rischia di apparire come una sorta di macabro feticcio.

L’Italia è un Paese dove la memoria è breve, strumentalizzata, usata per fini poco edificanti. Iniziative come quella di mettere all’asta un volantino delle Br non fanno che peggiore la situazione.

(walter falgio)

Trasmissione di RADIO3 Fahrenheit sul tema con Miguel Gotor e Rosario Priore

Dall’Encyclopédie all’eBook. Il peso del libro dalla carta al Pdf

(20 marzo 2012) Il libro, dalla carta al digitale, è il tema dell'incontro che si terrà giovedì 22, alla Libreria Murru di Cagliari (via San Benedetto 12 C) ore 18,30. In occasione della presentazione del mio saggio, Libro e Università nella Sardegna del '700, (AM&D edizioni) interverranno l'epistemologo, Vinicio Busacchi, e lo storico Stefano Pira. Il passaggio dai supporti di lettura cartacei a quelli digitali, argomento al centro di un dibattito planetario, è una tematica affrontata anche dagli storici del libro e dagli epistemologi. Importanti riflessioni sono state proposte, per esempio, da Roger Chartier, autorevole studioso del Collège de France. La rivoluzione digitale tuttora in corso che sta trasformando radicalmente l'approccio dell'uomo alla lettura e allo scritto – spiega Chartier – rimette in discussione tutta la storia del libro dalle origini e, per la prima volta, impone nella vita quotidiana strumenti nuovi (dal Pc al tablet) attraverso i quali trattare contenuti culturali ora immateriali. Questa trasformazione dagli esiti ancora sconosciuti muterà inevitabilmente modi, tempi, e qualità delle dinamiche di acquisizione del sapere.

La discussione sul libro digitale, che certamente lascia aperti molti interrogativi, si trasferisce quindi sul terreno di un'altra grande rivoluzione della lettura, quella della fine del Settecento, quando il libro e soprattutto il romanzo fecero irruzione nelle abitudini di migliaia di persone appartenenti ai ceti popolari. «Viaggiatori tedeschi riferivano, già dalla metà del XVIII secolo, di un'immensa trasformazione delle abitudini di lettura: in Inghilterra gli operai che lavoravano alla copertura dei tetti si facevano portare il giornale sul posto durante le pause per il pranzo», osserva lo storico tedesco Reinhard Wittmann.

Questo sconvolgimento culturale e sociale dell'età Moderna ebbe effetti anche in Sardegna? A questa domanda cerca di rispondere infine la mia ricerca, con la quale, attraverso un'indagine storica d'archivio, ho ricostruito la composizione e la qualità di una serie di importanti biblioteche private appartenute, tra la fine del XVIII e gli albori del XIX secolo, a esponenti sardi dell'aristocrazia, della borghesia e dell'alto clero. Non è infrequente scoprire tra gli inventari delle biblioteche sarde titoli di autori universali e grandi maestri del pensiero, da Muratori a Beccaria, da Voltaire a Quesnay, da Adam Smith a Filangieri, che dimostrano anche come l'isola recepisse, attraverso il libro, stimoli e dibattiti della cultura illuminista.

(walter falgio)

Servizio di Mssimiliano Lasio su Sardegna Quotidiano 22 marzo 2012

Costante resistenziale e dintorni. Da uno spunto di Alessandro De Roma.

(15 marzo 2012) Recentemente l'amico Alessandro De Roma ha scritto uno stimolante intervento sul suo sito intitolato, Cosa vuol dire essere sardo? Sono poche righe che suggerisco di leggere perché, se posso usare un termine improprio ma efficace, smitizzano, una delle tante immagini stereotipate dell'isola che spesso i sardi sono i primi ad alimentare. Nello specifico si tratta di quella vulgata che dipinge la Sardegna come terra dove si mangiano solo alimenti genuini, dove si rispetta l'ambiente, dove tutti sono ospitali. De Roma conclude scrivendo che "I sardi mi piaceranno di più quando smetteranno di mangiare nei piatti di plastica e di sentirsi migliori (meno sardi?) per questo. E quando smetteranno anche di pensare che un sardo (in quanto sardo) non possa sentirsi a casa propria che in Sardegna".

Il tema sollevato da De Roma, che tra l'altro è un affermato romanziere e un fine intellettuale, è in grado di suscitare dibattiti infiniti. Io, qui, raccogliendo anche una sua sollecitazione – "Credo che abbiamo un grande bisogno di un tempo critico che ci aiuti a seguire strade migliori (a partire dalla salvaguardia del nostro territorio) e dal rispetto per la natura. Spero soprattutto che sia un'occasione per aprire un vero dibattito su questi temi" – metto in fila qualche riflessione all'impronta.

Il primo riferimento, direi spontaneo, è alla "Costante resistenziale". La teoria di un illustre studioso come Giovanni Lilliu che, espressa in un convegno sassarese del 1971, si inserisce a pieno titolo nel dibattito sardista-identitario che da Camillo Bellieni, Raimondo Carta Raspi, passa negli anni Cinquanta e Sessanta per Antonio Pigliaru, Renzo Laconi, Emilio Lussu, Michelangelo Pira e tanti altri. Un dibattito che in questa sede è impossibile richiamare ma che ha segnato profondamente il profilo culturale di generazioni e che si è trasposto, purtroppo anche in forme banalizzate, nel campo politico o pseudo tale.

In estrema sintesi Lilliu ritiene che i sardi, nonostante aggressioni di secoli, siano riusciti a "conservarsi sempre se stessi" nella "fedeltà di origini autentiche e pure". E' nel conflitto antico con i cartaginesi che si fonda il tessuto culturale, il contesto socio-economico, la struttura spirituale e giuridica "dell'attuale mondo sardo delle zone interne". Un concetto che certamente andrebbe sviluppato a dovere – e per questo rimando proprio al volume di Ilisso "La costante resistenziale" curato da Antonello Mattone – ma che, come è intuibile, si presta a molte, facili, strumentalizzazioni e volgarizzazioni. Non ultima, ritengo, quella che porta a definire la nostra isola luogo "puro e incontaminato" in ogni sua manifestazione.

Lilliu, che argomentava in modo molto articolato la sua teoria, come riporta Antonello Mattone nell'introduzione all'opera citata, scriveva anche: "Chi guardi con serenità i fatti culturali della Sardegna e le sue possibilità attuali fuori da schemi utopistici e da preconcetti illuministici, potrà convincersi, dopo una certa riflessione, che resistendo nello spazio dei "moderni" pastori delle zone interne, l'antica struttura pastorale nuragica ha assolto una sua funzione storica e non ha mancato di offrire qualche prodotto positivo. Essa ha assicurato con la transumanza, nella divisione politica, l'unità e l'integrità etnica, culturale e storica dei Sardi, legando pastori a contadini e, da ultimo, a operai industriali […]. Ma bisogna anche ammettere che vista oggi, in un contesto di civiltà europea, tale struttura è diventata non dicesi da terzo mondo, ma è semplicemente fuori del mondo contemporaneo; è un meraviglioso oggetto etnografico. Nelle miriadi di Sardegne costituitesi in età nuragica è la spiegazione di fondo della caduta della civiltà antica "regionale", della mancata "nazione sarda".

L'effetto moltiplicatore di queste suggestive considerazioni, se decontestualizzato, è facilmente immaginabile. Quindi, lo ripeto, è necessario inserire tutto nel ragionamento complessivo sulla "resistenzialità" che Lilliu introduce a partire dall'opera del 1963, "La civiltà dei Sardi".

Per chiudere questa breve parentesi cito, anche come possibile responso al ragionamento di De Roma, un passaggio celebre di Emilio Lussu tratto da un articolo pubblicato su "Il Ponte" del 1951. "Alla vecchia società patriarcale, individualista e immobile, subentra una Sardegna che comincia ad essere collettiva e in movimento. I principi che reggevano la prima sono scomparsi, né sono ancora fissi quelli che dovranno reggere l'altra. Per cui si possono fare oggi dei rilievi con molta serenità. Le tanto decantate nostre qualità ataviche – sentimento dell'onore, coraggio, disciplina, lealtà, fedeltà alla parola data ed altre consimili – sono favole. Non siamo né migliori né peggiori degli altri".

(walter falgio)