(26 gennaio 2012) Domani, Giorno della Memoria, si ricorda la Shoah. Nella stessa data in cui, nel 1945, l’Armata rossa sfondò i cancelli di Auschwitz e svelò al mondo “l’universo concentrazionario”. L’univers concentrationnaire narrato da David Rousset, quell’intellettuale, combattente francese, scampato da Buchenwald, amico di Sartre, che – non va dimenticato – spese la vita per denunciare anche gli “altri” lager. Quelli russi, cinesi, le prigioni in Spagna e in Grecia, in Tunisia, la tortura in Algeria, allora, nel 1950, condannati pubblicamente dalla celebre Commissione internazionale contro il concentramento.
Scriveva di lui Tzvetan Todorov: “Se avesse voluto occuparsi prima di tutto di se stesso, Rousset avrebbe passato il resto della propria vita a ricordare il passato, a leccarsi le ferite, a nutrire risentimento nei confronti di quelli che gli avevano inflitto un’offesa incancellabile. Privilegiando la preoccupazione per gli altri, sceglie di trasformare l’esperienza passata in movente d’azione nel presente, all’interno di una situazione nuova di cui non è protagonista e che conosce solo per analogia”.
Lo storico Giovanni de Luna riporta questa descrizione nell’introduzione all’edizione italiana de L’universo concentrazionario: “Pesava poco più di 40 chili, un fragile scheletro con una vistosa benda nera che gli copriva un occhio e un sorriso spalancato sulla bocca senza denti; appena scampato all’orrore dei lager nazisti, David Rousset appare a Simone De Beauvoir come un prodigio di vitalità, attraversato dalla «stessa volontà di vivere che illuminava i suoi libri»”.
Uno dei grandi meriti di Rousset è di aver offerto una visione a caldo della macchina della morte hitleriana – che, già osservava il francese, nulla ha a che fare con lavoro e produzione – attraverso una testimonianza molto lucida, quasi sociologica, con uno sguardo apparentemente esterno. Il lager si coglie nella sua complessità, se ne comprende l’organizzazione, la struttura, il funzionamento e si giunge alla conclusione del fine: “espiazione” e “morte”. “Il nemico”, scrive Rousset, “altro non è che la potenza del Male intellettualmente e fisicamente espressa… E del Male è espressione statica l’esistenza fattuale di certi popoli, di certe razze: gli ebrei, i polacchi, i russi… Solo l’espiazione può essere appagante, pacificante. E dell’espiazione i campi di concentramento sono la macchina straordinaria e complessa”.
Espiazione e morte che si rivelano, inevitabilmente, dalla nudità non solo metaforica della vita. Rousset descriveva “Uomini senza principi, smunti e abbrutiti; uomini portatori di fedi distrutte, di dignità smantellate; tutto un popolo nudo, interiormente nudo, spogliato di ogni cultura, di ogni civiltà, armato di badili e zappe, picconi e martelli, incatenato ai Loren arrugginiti, a estrarre sale, spalare neve, impastare cemento; un popolo scarnificato dalle percosse, ossessionato da paradisi di cibi dimenticati; intimo morso del decadimento – quel popolo tutto, nel trascorrere del tempo”.
Jedem das seine, ammonivano i nazisti a Buchenwald: “A ciascuno il suo”. Scritto rivolto all’interno del campo in modo tale che i deportati potessero leggere e immaginare le facce di un destino finale ineluttabile.
(walter falgio)
Sono diverse le iniziative che si svolgono in Sardegna in occasione del Giorno della Memoria. Qui si trova un elenco a cura dell’Istasac.
27 gennaio. Segnalo in particolare l’incontro organizzato dall’Istituto sardo per la storia della Resistenza e dal Dipartimento di Studi storici dell’Università di Cagliari, alle 15,30, nell’aula magna del Corpo aggiunto delle facoltà umanistiche (via Is Mirrionis 1). Interverranno Enzo Collotti, tra i massimi studiosi a livello europeo del nazismo, del fascismo e della Shoah, Pupa Garribba, scrittrice e intervistatrice della Shoah Foundation, e Francesco Bachis, antropologo. Si parlerà della complessa e straordinaria vicenda del Ghetto di Varsavia, un vero microcosmo nell’universo concentrazionario nazista in cui fame, disperazione e morte coesistono con una ricchezza di espressioni culturali ed artistiche e con forme di resistenza ebraica al dominio tedesco. Introdurranno i lavori Francesco Atzeni, Luisa Maria Plaisant e Donatella Picciau.
28 gennaio. Sabato, inoltre, alla Feltrinelli point, via Paoli 19, ore 18, si svolgerà “Per non dimenticare….”, presentazione del libro di Marco Palmieri e Marco Avagliano, Voci dal lager Diari e lettere di deportati politici italiani 1943-45 (Einaudi). Interverranno: Luca Lecis, Aldo Borghesi e lo stesso Palmieri.