Archivio mensile:Novembre 2011

Incesto e violenza sulle donne: tragedie attualissime

(26 novembre 2011) Il caso riprovevole dell'uomo di un paesino sardo che avrebbe ripetutamente abusato della figlia, fa tornare alla mente la vicenda analoga accaduta ad Amstetten, vicino a Vienna. Le due storie hanno molti punti in comune. Ad aprile del 2008 la stampa austriaca diffuse la notizia della scoperta di una casa prigione dove un padre teneva segregata la figlia da 24 anni. Con lei aveva messo al mondo 7 figli, due dei quali morti. Quando fu arrestato, Josef Fritzl, aveva 73 anni. La donna subiva le attenzioni del padre dall'età di 11. Stesso copione emerge dalla triste vicenda sarda, secondo quanto racconta la vittima: "Mio padre abusava spesso di me. Aveva iniziato quando avevo 11 anni a toccarmi il seno". In questo caso il carnefice, ora 71 enne, è stato prelevato pochi giorni fa dai carabinieri e rinchiuso in carcere.

Dopo i primi squallidi abboccamenti, l'insana tendenza si manifesta completamente appena le povere ragazze raggiungono la maturità sessuale. In entrambi i casi l'isolamento dalla comunità, per non dire dalla realtà, costituisce un elemento essenziale: ad Amstetten il padre orco aveva costruito una cantina bunker, nel paesino sardo la casa degli orrori era recintata da un muro ad hoc e dall'omertà. Niente sguardi indiscreti, bocche cucite e soprattutto pochissimi contatti con l'esterno. La violenza psicologica e fisica sfocia quindi in tragedia immane quando si scopre che i figli nati dagli stupri sono stati uccisi, bruciati nel caso austriaco, forse seviziati e soffocati nel caso sardo. Le vicende quindi vengono alla luce quasi per caso, squarciando silenzio, paura e ricatto. Le due donne vittime, l'austriaca e la sarda, si sono liberate entrambe dal terribile fardello alla stessa età di 40 anni. Dopo 5, lunghissimi, lustri di dolore.

Questi fatti non a caso similari mettono in luce prima di tutto la ferocia particolare dell'uomo sulla donna. Quella esecrabile e lucida volontà di sottomissione totale che il maschio, padre o marito che sia, pretende di esercitare sulla figlia o sulla moglie. Lo scopo finale è l'annullamento di una personalità, l'uso-abuso di un corpo e la facoltà di possedere l'altra senza limiti. Tendenza abietta e radicata, nel senso che non è estirpata e facilmente estirpabile in Italia come nel resto del mondo: è di oggi la notizia della marocchina uccisa a martellate dal marito perché intenzionata a convertirsi. E' di oggi il coraggioso romanzo Il messaggio segreto delle farfalle di Laila al Uthman. Poi c'è l'incesto, indagato dalla psicoanalisi, dalla storia e dagli antropologi (e mi piace ricordare Le strutture elementari della parentela dove Claude Lévi-Strauss spiega perché l'atto sia stato proibito dai sistemi matrimoniali). Il tutto forse a dimostrare, ancora una volta, che la violenza sulle donne è un dramma del nostro tempo (nel 2006, in Italia, sono 1 milione 150 mila le donne vittime di violenza) da combattere quotidianamente, subito, come la peggiore delle emergenze.

(walter falgio) 

L’archivio proibito

(13 novembre 2011) Il bravo collega Mario Gottardi, qualche giorno fa, ha firmato su L'Unione Sarda il servizio che allego dedicato all'archivio storico dell'Università di Cagliari. Il cronista denuncia un problema annoso che forse non era mai stato sollevato sulle pagine di un quotidiano. Problema che io stesso ho denunciato sul mio saggio "Libro e Università nella Sardegna del '700": l'archivio dell'istituzione accademica cittadina non è mai stato fruibile, non può essere consultato dagli studiosi o da chicchessia. Non esistono orari, personale, sportello che consenta di ususfruire di un servizio che dovrebbe essere pubblico, aperto a tutti. Problema che si reitera almeno da 20 anni. E se, come è successo a me, inoltri regolare richiesta di accesso a questo patrimonio documentario (ripeto, pubblico), ti viene risposto sempre allo stesso modo: "L'archivio non è fruibile per ragioni logistiche". Gottardi svela retroscena e individua le cause. Vediamo ora se il rettore Melis (che non ha responsabilità dirette sul pregresso) mantiene la promessa di aprire le porte dell'archivio proibito "al più presto".

(walter falgio)   

La testimonianza del partigiano

(4 novembre 2011) L’incontro dell’anziano comandante partigiano con gli studenti è stato appassionante. Quando un signore di 88 anni che ha fatto la guerra di Liberazione, coordinato Sap e Gap, guidato una brigata, che ha resistito alle torture naziste, si alza in piedi e legge Bertold Brecht, non posso trattenere la commozione. Quella vera che non puoi ricacciare dentro.

Il cagliaritano Antonio Garau, comandante della brigata “Aldo Casalgrandi” IIa divisione Modena pianura, dopo 66 anni ha deciso di raccontare la sua storia e una pattuglia di volontari composta, oltre che da studiosi di Storia come me e Giuseppe Caboni, dall’antropologo Francesco Bachis, da esperti di cinema come Laura Stochino e Francesco Capuzzi, ha raccolto la sua testimonianza in un film.

Per il momento i materiali di montaggio del lavoro durato quasi quattro anni con 21 ore di riprese, prodotto dall’Istituto sardo per la storia della Resistenza e dell’Autonomia con la collaborazione del Laboratorio di Etnografia visiva dell’Università di Cagliari, sono stati presentati agli studenti. All’incontro all’Istituto tecnico industriale “Dionigi Scano” di Monserrato, giovedì 3 novembre, hanno partecipato 200 alunni e l’insegnante di Italiano Donatella Picciau. Un piccolo evento, lontano dalle celebrazioni, dove Garau ha risposto con garbo e stile d’altri tempi alle domande di ragazze e ragazzi: “Dove prendevate le armi? Come è stato il suo ritorno a Cagliari? Cosa pensa della strage di Via Rasella?”.

L’ex combattete rappresenta quella generazione di giovani uomini che dopo l’8 settembre ’43 ha preferito la scelta della libertà e della rottura. Ha preferito schierarsi in una guerra senza coscrizione e andare avanti sino alla fine. Perché questa era l’unica alternativa per costruire un futuro. La testimonianza di Garau apre ulteriori squarci sul contributo dei meridionali d’Italia nella Resistenza, sul loro rientro a casa, sulle relazioni con la società del sud. E ancora, l’ex comandante ci aiuta a capire meglio quanto fosse articolato il rapporto tra partigiani e popolazione e quanto fosse viva la Resistenza civile.

Un fil rouge, questo, che attraversa tutto il racconto del partigiano e che si esprime nella necessità di uscire da una interpretazione della Resistenza solo di carattere politico, alla luce di domande nuove, con l’affacciarsi di nuovi soggetti e nuove chiavi di lettura che lo stesso Garau ci suggerisce. A partire da quella feconda e suggestiva dell’indagine già richiamata sulle componenti civili. Ma anche sui profili che riguardano gli internati e i destini dei militari. Tutti questi temi, già sollevati da storici prestigiosi come Federico Chabod, Roberto Battaglia, Claudio Pavone, si ripropongono con forza a sottolineare l’importanza della testimonianza.

Ma il privilegio più grande per tutti è la fortuna di ascoltare Antonio Garau, di percepire il valore del suo esempio anche sotto il profilo etico. Il valore dei suoi gesti, della sua volontà e fermezza immutate, al pari di una discrezione e coerenza, a mio modesto avviso, rarissime.

(walter falgio)