La morte di un fratello non
si dimentica. Sono passati
64 anni dal giorno in cui
Giaime Pintor è caduto in un
campo minato tedesco. Ma la
sorella Antonietta rievoca ancora
con fatica i «tristissimi» particolari
di quel ricordo. «Sapemmo
tutto solo il 18 settembre
1944». Giaime morì il primo dicembre
dell’anno prima a Castelnuovo
al Volturno mentre
cercava di raggiungere i gruppi
partigiani del Lazio. «Avevo 15
anni e non posso pensare a lui
senza pensare a Luigi che fu
particolarmente segnato dalla
fine del fratello.Tenne la notizia
per sé tutto il giorno, senza avere
il coraggio di parlarne con la
famiglia. Poi, alla fine, disse tutto
».
La mattina del 12 settembre
’43 Giaime lasciava Roma diretto
al Sud. «Lo avremmo rivisto –
così aveva detto salutandoci –
entrare in città sul primo carro
armato alleato, con braccio alzato
in segno di vittoria».
Antonietta è stata invitata a
Cagliari in occasione della presentazione
della prima biografia
su Giaime Pintor.
Giovedì scorso
alla Biblioteca Universitaria, su
iniziativa dei dipartimenti storici
degli atenei di Cagliari e Sassari
e dell’Istituto sardo per la
Resistenza, i docenti Claudio
Natoli, Gian Giacomo Ortu e Albertina
Vittoria hanno illustrato
“Il costante piacere di vivere Vita
di Giaime Pintor”, lavoro della
giovane ricercatrice Maria Cecilia
Calabri appena pubblicato
dalla Utet (639 pagine, 24 euro).
Difficile riassumere la complessa
personalità dell’antifascista,
intellettuale dalle origini familiari
cagliaritane, Giaime Pintor.
Molto più facile etichettarlo,
così come è consuetudine, nel
novero dei personaggi-eroi della
Resistenza. Mancato giovanissimo,
a 24 anni, nell’estremo
tentativo di giocarsi tutto in
guerra. «Parto in questi giorni
per un’impresa di esito incerto
», scriveva Giaime tre giorni
prima di morire in una celebre
L
lettera al fratello Luigi, giornalista,
scrittore, fondatore del quotidiano
“il manifesto”. «Ho accettato
di organizzare una spedizione
con un gruppo di amici.
È la conclusione naturale di
quest’ultima avventura, ma soprattutto
il punto di arrivo di
un’esperienza che coinvolge tutta
la nostra giovinezza». Pintor
aveva deciso di passare le linee,
consapevole di essere giunto a
una svolta.
Una fase della sua
giovinezza si sarebbe chiusa
nello stesso momento in cui si
fosse presentato al banco di prova
della guerra. Spesso sottovalutato
e misconosciuto, l’itinerario
sofferto e difficile seguito da
Giaime per giungere al confine
della sua esistenza finalmente
riemerge con innumerevoli sfaccettature
dalla ricerca della Calabri.
La figura mitica del giovane
eroe, oggetto di interpretazioni
talvolta deformanti, lascia
posto ora a una visione più complessiva,
indagine attenta anche
sul travaglio di una generazione
attraverso l’Italia tra le due
guerre.
Come ha ricapitolato lo storico
Claudio Natoli, «la vita di
Giaime Pintor fu stranamente
sospesa, in attesa di orientarsi».
Una vita agiata, contornata dai
privilegi della borghesia nella
casa romana dello zio Fortunato,
insigne bibliologo e bibliotecario,
allora direttore della biblioteca
del Senato e del Dizionario
biografico degli italiani.
Sarà proprio la sua condizione
di privilegio a far maturare in
Giaime un profondo disagio al
punto tale da chiedere di essere
inviato al fronte, anche come ufficiale
di collegamento con le
truppe tedesche. La distanza di
Pintor dalle ideologie e dai fanatismi
è sempre molto marcata.
Elegante e tagliente, ricorderà
sovente come la sua generazione
cresciuta sotto il fascismo
sia stata impossibilitata ad avere
maestri. Sarà vicino ai comunisti
romani come Lucio Lombardo
Radice in procinto di darsi
alla clandestinità. Ma forse la
cifra più intensa e raffinata della
sua sensibilità intellettuale
Giaime la esprimerà nella letteratura.
Comincia giovanissimo
le sue collaborazioni a riviste come
“Campo di Marte” o “Primato”
e traduce dal tedesco Rainer
Maria Rilke.
Antonietta sfoglia
spesso la prima edizione di
quelle traduzioni del ’42 con la
copertina grigio perla: «Così
l’aveva voluta Giaime e non
mattone come Einaudi l’aveva
pensata». L’incontro con Giulio
Einaudi segnerà un altro passaggio
fondamentale nella maturazione
culturale di Pintor.
Durante la frequentazione della
casa editrice torinese incrocerà
personaggi come Cesare Pavese
e Felice Balbo.
Enormi stimoli
e suggestioni investiranno
Giaime nel brevissimo spazio
della sua maturità. «È incredibile
quanto questo giovane intellettuale
abbia prodotto in così
pochi anni», sottolinea Gian
Giacomo Ortu. «È indubbio che
parte del suo percorso formativo
sia stato influenzato dall’esperienza
romana, ma», continua
Ortu «non è da sottovalutare
il fatto che Pintor sia l’ultimo
rampollo di una famiglia di
intellettuali affermatasi in Sardegna
tra ’700 e ’800».
Questo
porta a pensare che Giaime Pintor
sin dalla giovanissima età
non fosse totalmente estraneo a
un rilevante patrimonio culturale
familiare. «Le sue traduzioni
di Carl Schmitt dimostrano questa
antiveggenza assolutamente
straordinaria», aggiunge Ortu,
«tenendo conto che l’autore
tedesco arriverà in Italia molto
più tardi».
Ai funerali di Pintor a Castelnuovo
al Volturno, centro oggi
immerso nel Parco d’Abruzzo,
presero parte molti contadini.
Una foto straordinaria nel libro
della Calabri lo testimonia. «I
contadini lo sentivano come uno
dei loro morti», dice Albertina
Vittoria, «come un caduto per la
libertà che aveva combattuto
anche per la loro libertà il tempo
di una notte».