Archivio mensile:Luglio 2006

Il pensiero della pace seppellirà tutte le guerre

Conversare di “Guerra
giusta e filosofie della
pace” in un salotto letterario,
di questi tempi, potrebbe
apparire vano. Il Libano
che si sbriciola sotto le bombe
israeliane, uomini e donne
iracheni e afgani che crepano
come insetti, mortificano e
scoraggiano qualunque ragionamento.
Risposte ai perché
di tali devastazioni e buoni
motivi che costringono a
pensare si trovano invece
nelle righe di La pace e le
guerre (Cuec, 262 pagine,
16,50 euro), opera collettiva
curata dalla filosofa della politica
Annamaria Loche che
raccoglie gli atti di un seminario
interdisciplinare tenuto
alla fine del 2004 all’Università
di Cagliari.

Il libro dà
risposte ma pone anche altri
dubbi e incertezze utili per
continuare a riflettere e soprattutto
per non farsi abbagliare
da quello che il filosofo
Giuliano Pontara chiama
“dogmatismo fanatico”, concezione
univoca del mondo
per la quale gli interessi “made
in ovest” mascherati da
benessere e democrazia possono
essere seminati oggi
qua e domani là, armi in pugno
e senza dover dare troppe
spiegazioni.
Una discussione sul volume
curato da Loche è stata recentemente
promossa a Cagliari
dalla locale sezione della
Società filosofica italiana
che, sotto la presidenza di
Giancarlo Nonnoi, riprende
la sua attività e inaugura una
nuova serie di incontri culturali.
All’iniziativa ha partecipato
la docente di Storia della
filosofia all’Università di
Cagliari, Maria Teresa Marcialis.

Secondo la studiosa un
presupposto da cui partire è
che la pace non si declina al
plurale: «Non si danno molte
paci, la pace in quanto tale è
un fine e insieme un termine,
la pace in sé è pertanto, come
la intende Kant, “pace perpe-
C
tua”». Diversamente le guerre
sono molte perché scoppiano
in modi, tempi e luoghi
diversi, «continuamente rinascono
e sembrano non avere
mai fine», continua Marcialis.
La contraddizione tra i
due termini è molto evidente:
da una parte un male da fuggire,
dall’altra un bene da
perseguire. Ma passando dal
piano filosofico a quello più
prettamente fattuale, ci si accorge
che esistono anche degli
stadi intermedi tra gli opposti,
emergono modi e percorsi
di costruzione della pace.
Il grande umanista Erasmo
da Rotterdam, scriveva:
«Quasi sempre anche la più
ingiusta delle paci è migliore
della più giusta delle guerre»,
introducendo così una sorta
di gerarchia tra le definizioni
assolute e ribadendo il suo
totale rifiuto nei confronti
della guerra, “infame e folle
impresa”, «confronto da cui,
immancabilmente, ognuna
delle due parti trae più danno
che guadagno».
La pace come obiettivo primario
da perseguire incondizionatamente
è il messaggio
che consente a Erasmo di
«dialogare con noi attraverso
i secoli», sottolinea Marialuisa
Lussu.

Dal Cinquecento si
piomba alla grigia attualità,
all’era delle “guerre umanitarie”:
«Tra i conflitti internazionali
scoppiati negli ultimi
dieci anni, l’intervento armato
della Nato contro la Serbia,
nel 1999, rappresenta il caso
più eclatante di guerra di offesa
giustificata sulla base di
ragioni morali», scrive Alberto
Castelli. Riconoscendo una
profonda contraddizione tra
l’idea di moralità e la guerra,
Castelli si chiede se le armi
siano coerenti con il progresso
sociale e da dove trae legittimità
«il soggetto che si
arroga il diritto di imporre “il
bene” attraverso la guerra».
Le argomentazioni contrarie
alle bombe “giuste” nei Balcani,
si sprecano. Autorevoli
commenti, da Hobsbawm a
Sartori, dallo stesso Pontara
ad Alessandro Pizzorno, sottoscrivono
il fallimento della
politica umanitaria della Nato:
l’intervento ha provocato
più vittime, profughi e distruzione
di quanto ci si poteva
aspettare senza l’intervento.
«La guerra non è cominciata
con il fine di difendere i diritti
umani, e per di più questo
obiettivo ha perso ogni rilevanza
giustificativa dal momento
che la catastrofe, che
la guerra avrebbe dovuto impedire,
è invece accaduta»,
rileva lo storico inglese Hobsbawm.

Passando per le relazioni di
Marco Geuna, Massimo Mori
e Fulvio Venturino, si giunge
alle considerazioni finali di
Giuliano Pontara. Per il massimo
studioso italiano di
Gandhi, il mondo attuale è
pervaso da tendenze naziste
che minacciano la pace e la
convivenza umana «fondata
su distribuzioni eque di risorse
e potere». La lotta alla supremazia,
il diritto assoluto
del vincitore, lo svincolamento
dalla morale, la glorificazione
della violenza, sono solo
alcune delle eredità hitleriane
più difficili da estirpare.

Telefonini e ricariche: Andrea va alla guerra

Solo soletto, il napoletano
Andrea D’Ambra ha dichiarato
guerra ai gestori
dei telefoni cellulari. Unica arma,
una petizione sulla rete Internet.
Oggetto del contendere,
un’anomalia tutta italiana: gli
impopolari costi di ricarica che
arrivano a incidere sino al 40
per cento sul prezzo totale della
carta: una compagnia telefonica
è arrivata a pretendere 2
euro di fisso ogni 3 di traffico
acquistato. Mentre in Grecia,
solo per fare un esempio, la
“nostra” Tim non applica alcuna
gabella al costo della scheda
ricaricabile. Provare per credere:
www.tim.gr, il sito è anche
in inglese.
Dietro la faccia da studentello
ventiduenne nella facoltà di
Scienze politiche, D’Ambra cela
un coraggio degno di Davide.
Utilizzando passaparola, posta
elettronica e, giura, senza «alcun
collegamento» con le associazioni
dei consumatori, dai
primi di aprile ai primi di maggio
ha raccolto 60mila firme in
Rete contro il balzello telefonico.

Beppe Grillo lo ha ospitato
nel suo blog e i consensi sono
incredibilmente decollati. In
meno di 24 ore nel sito
www.aboliamoli.eu altre 50mila
persone hanno sottoscritto il
documento da inviare alla
Commissione europea: «Sottoscrivo
per l’abolizione dei costi
di ricarica per i telefoni cellulari.
È una cosa che accade solo
in Italia mentre in tutti gli altri
paesi europei si paga ciò che si
consuma. In Italia, oltre al consumo,
devi anche pagare il “costo
della ricarica”, un’invenzione
dei gestori telefonici per fare
ancora più soldi a scapito di
noi consumatori».
Il Grillo nazionale, come al
solito, rincara la dose e parla
chiaro: «Paghiamo per il telepass
oltre che per il pedaggio,
per il pagamento via carta di
credito oltre che per la benzina,
per la possibilità di ricaricare il
cellulare oltre che per la ricarica,
per poter pagare una bolletta
on-line oltre che l’importo
della bolletta.

Insomma paghiamo
il nulla. Le aziende ci stanno
facendo pagare le transazioni
di pagamento, incantesimi
dell’etere, furti legalizzati».
La questione è così tanto sentita
che in cinque giorni il numero
delle firme supera quota
200mila per sfondare le
300mila il 24 maggio scorso. Il
7 giugno un voluminoso plico
carico di sottoscrizioni vola al
Palazzo Berlaymont di Bruxelles.
Nel frattempo D’Ambra è
diventato una celebrità. Il napoletano
contro le super-ricariche
partecipa a programmi televisivi, i giornali lo intervistano:
«Ho deciso di intervenire
con questa petizione dopo aver
visto, viaggiando, la differenza
che esiste tra il nostro paese e
gli altri».

E la Commissione europea
gli risponde: «Mi preme
sottolinearLe che la Direzione
generale della Concorrenza
della Commissione europea tiene
nella massima considerazione
quanto da Lei indicato ed ha
provveduto a prendere contatto
con le Autorità italiane al fine
di ottenere ulteriori informazioni
su quanto da Lei denunciato
». Firma, Angel Tradacete
Cocera, direttore dell’Unità
Cartelli, Industrie di Base ed
Energia, della Direzione generale
Concorrenza. Per il piccolo
Andrea è il classico passo da
gigante. La sua iniziativa si trasforma
in una valanga. Nel sito
Internet Aboliamoli.eu è
scrupolosamente documentata
l’escalation con una rassegna
stampa interminabile sino al risultato
più importante. Il 3 giugno
scorso l’Ansa scrive:
«Un’indagine di Antitrust e Agcom
sarà condotta dalla settimana
prossima sui costi agli
utenti per la ricarica dei telefonini
con Ricaricard.

Lo ha annunciato
il presidente dell’Agcom
Corrado Calabrò spiegando
che a tale scopo sarà firmato
un protocollo d’intesa». Se si
tratterà di un abuso sarà l’Antitrust
ad intervenire, se invece
si configurerà una violazione
delle regole la sanzione sarà
dell’Autorità garante della concorrenza.
«L’indagine nasce
dalla denuncia di Andrea
D’Ambra».
Ora le firme sono più di
350mila, D’Ambra prepara
una seconda spedizione alla
Commissione europea dopo
aver raccolto i soldi per la prima
con una colletta telematica.
Ha fatto pure le magliette che
vende a 10 euro: «Il ricavato
servirà ad inviare le firme non
ancora spedite, dalla
300.001esima in poi». Un successone.