Archivio mensile:Giugno 2006

Il calvario di Amerigo nell’America di Reagan

Era il 1980, New York. Il
cagliaritano Amerigo Marras,
allora poco più che trentenne,
terminava la traduzione
di un opuscolo di quindici
pagine scritto dal giornalista
Massimo Consoli su “omosessualità
e comunisti” e sul “Comune
di Roma e gli omosessuali”.
Nasceva così un libretto,
The Italian Communist
Party and the Massimo Consoli
Gay International Archives,
che per Marras si sarebbe
tramutato in una nera condanna.
In seguito alla pubblicazione
di quelle poche righe e a
causa della sua militanza di
sinistra, il giovane cagliaritano
subì una pesante inchiesta
da parte dell’FBI. Ricorda lucidamente
la vicenda lo stesso
Consoli: «Omosessualità e
Comunismo erano le due parole
più proibite nell’America
maccarthiana e reaganiana.
Averle messe insieme, per
Amerigo Marras, è stato fatale.

Subì un’inchiesta, la sua libreria
e la sua abitazione furono
perquisite due volte,
sempre illegalmente e sotto la
minaccia delle armi, e lui soggetto
ad una straziante procedura
giudiziaria che lo costrinse
ad abbandonare il
Paese».
Il testo sul Partito comunista
e sull’archivio del movimento
gay internazionale è
ancora in vendita. Dopo una
breve ricerca in Rete la pubblicazione
spunta fuori in una
libreria di San Francisco all’incredibile
cifra di 75 dollari,
all’incirca 60 euro: niente
male per un saggio di sole
venticinque pagine.
«Ho avuto modo di vedere i
documenti che riguardavano
Marras, rilasciati dall’FBI al
suo avvocato, con parecchie
strisce nere di pennarello o
d’inchiostro laddove la polizia
federale non voleva che si
conoscessero determinate co-
E
se», continua Consoli: «Per
anni, quando mi raccontava
per l’ennesima volta quanto
gli era accaduto, Amerigo ne
era ancora terrorizzato, traumatizzato,
non riuscendo a
capacitarsi che una cosa del
genere fosse potuta capitare
proprio a lui, la persona più
tranquilla e pacifica e non
violenta che ci fosse al mondo
».

A ben vedere, il libro di
Amerigo Marras e di Massimo
Consoli non conteneva
un’apologia del PCI. Piuttosto
la traduzione dell’intellettuale
cagliaritano metteva in rilievo
criticamente e obiettivamente
i contrasti tra il partito
e il movimento gay italiano
esplosi negli anni Settanta.
La tensione di chi si sente
costantemente controllato e il
terrore di finire in cella per
chissà quale imputazione
spinsero Amerigo Marras ad
abbandonare New York e a
trasferirsi in Francia. Ed è
proprio in questo Paese, esattamente
a Nizza, che Massimo
Consoli lo ha incontrato
per l’ultima volta: «Il 21 settembre
del 2000 stavo all’ospedale
Pasteur, reparto neurologia
D, primo piano, camera
199. Lì Amerigo, sforzandosi
per riuscire a farsi capire
in maniera intelligibile, mi
chiese di vendicare la sua memoria.
Morì tra il 13 ed il 14
ottobre successivo».
Nato il 19 dicembre del
1948, Marras si trasferì giovanissimo
in Canada, a Toronto,
dove si laureò in Architettura.
Diede vita a un circolo
culturale polifunzionale e
multimediale insieme a vari
attivisti che si incontravano a
casa sua. «Il Glad Day Bookstore,
il primo Gay Pride canadese,
il prestigioso “The
Body Politic”, negli anni Settanta
una delle più importanti
pubblicazioni gay: tutto
questo nacque a casa sua», ricorda
ancora Consoli.

Nel frattempo Marras mise
in piedi un importante archivio
sulla storia dei movimenti
omossessuali. Dopo il trasferimento
a New York questi
materiali fecero capo alla libreria
“WW3” che Marras
aprì insieme ad altri collaboratori,
e in seguito furono donati
parte al “Lesbian & Gay
Community Services Center”
e parte alla “New York Public
Library”, costituendo il nucleo
fondamentale di una delle
più grosse collezioni al
mondo nel suo genere. «Ma
stranamente, da questo lavoro
di assoluta dedizione Marras
non ha mai ricevuto nemmeno
un grazie», lamenta
Consoli.
Ora lo scrittore-giornalista,
storico fondatore del movimento
gay italiano, autore di
libri di successo come Homocaust
(Kaos) sulla persecuzione
subita dagli omosessuali
sotto il regime nazista, negli
ultimi tempi ha sentito il dovere
di riportare alla luce
questa storia. Seppure, dice,
forse con troppa autocritica,
«mi resta l’amaro in bocca
per non essere stato capace
di vendicare la memoria di un
amico carissimo».
L’auspicio di Consoli: presentare
ora una richiesta ufficiale
al governo degli Stati
Uniti affinché riconosca di
aver sbagliato nel giudicare
Marras e porga delle scuse
postume.

Nel cuore della Sardegna il segreto della vita

I ricercatori di Progenia tagliano
il nastro dei cinque anni di
attività promettendo la grande
scoperta: i geni responsabili dell’invecchiamento.
«È molto probabile
che li troveremo e a quel
punto, con l’opportuna prevenzione,
si potrà vivere più a lungo
e più sani». Antonio Cao, direttore
dell’Istituto di Neurogenetica
e Neurofarmacologia del
Cnr (INN), uno dei due enti coinvolti
nel progetto assieme all’americano
National Institute of
Health, non lesina previsioni
estremamente attraenti: «Se individueremo
il gene che controlla,
per esempio, l’elasticità arteriosa,
qualità che quando viene a
mancare può causare come è
noto gravi malattie sino alla
morte, si potrà intervenire a livello
preventivo sui soggetti predisposti
già dalla giovane età.
Proviamo a immaginare quale
vantaggio possa rappresentare
per tutti una simile scoperta».

Gli studi sui segreti della vita
non a caso avvengono in Sardegna,
nei paesi ogliastrini di Lanusei,
Ilbono, Arzana ed Elini.
La popolazione di questo territorio
abita in un ambiente omogeneo
e soprattutto discende da
un gruppo limitato di capostipiti.
La lente della scienza è puntata
su un campione di persone
molto rappresentativo che, nei
millenni, ha subito poche mutazioni
genetiche a causa dell’originario
isolamento. Queste caratteristiche
sono tipiche della
realtà sarda ma difficilissime da
riscontrare, per esempio, negli
Stati Uniti. Uno dei motivi per cui
gli americani del NIH, sposando
l’idea del ricercatore recentemente
scomparso Giuseppe Pilia,
avevano deciso di finanziare
totalmente il progetto per complessivi
10 anni di lavoro con la
significativa cifra di 22milioni e
521mila dollari, quasi 18milioni
di euro.

Le istituzioni italiane, invece,
non hanno sborsato un
centesimo. Cao ricorda le condizioni
dell’accordo con il National
Institute of Health: «La proprietà
intellettuale è divisa equamente
tra Cnr, americani e i singoli ricercatori.
In più abbiamo previsto
una clausola in base alla quale,
nel caso in cui si giunga a una
scoperta importante, una percentuale
consistente dei guadagni
potrà essere utilizzata per
migliorare l’assistenza sanitaria
in Sardegna».
Una garanzia in più per la popolazione
che sta collaborando
con entusiasmo all’iniziativa. Lo
confermano i ricercatori David
Schlessinger e Manuela Uda che
venerdì e ieri a Cagliari e a Lanusei
hanno partecipato a due iniziative
per festeggiare il primo
lustro di Progenia. Al momento
I
sono state effettuate visite cliniche
associate ad analisi strumentali
e di laboratorio su 6000
volontari di età tra i 14 e i 96 anni.
Lo scopo è quello di misurare
i parametri di invecchiamento
come rigidità, elasticità, spessore
delle pareti arteriose. Si
svolgono esami ecografici del
cuore, si misura l’altezza, il peso,
la circonferenza della vita in
quanto indicatore di obesità, i
parametri biochimici del sangue.
«In totale abbiamo individuato
90 caratteri quantitativi e in più
è stato distribuito un questionario
per valutare la personalità»,
spiega Cao. Dopodiché si passa
alla fase più delicata. «Fatto il
primo screening procediamo a
un secondo e a un terzo ciclo di
visite.

A gennaio di quest’anno
quindi è cominciata la genotipizzazione
». Di cosa si tratta? Il genetista
sardo di fama mondiale,
già docente di Pediatria all’Università
di Cagliari, prosegue:
«Nelle sequenze del DNA ogni
250 paia di basi intervengono
variazioni naturali. Queste variazioni
ci consentono di tracciare
una serie di punti da accoppiare
con le variazioni dei caratteri
quantitativi. Ora, con calcoli molto
sofisticati, stiamo proprio associando
questi punti del DNA ai
caratteri variabili. Per essere ancora
più chiaro, cerchiamo di associare,
ad esempio alla rigidità
arteriosa, i geni responsabili di
questo fenomeno». E qui sta il
cuore della ricerca. Raggiunto
questo risultato si potrà dire di
aver scoperto la causa dell’invecchiamento
dell’uomo e si potranno
quindi ipotizzare accorgimenti
per vivere meglio e di più.
Perché, trovato il gene, si trova
anche il farmaco. «Si apre così la
possibilità per condurre ricerche
importanti, per attivare quello
che gli americani chiamano
spin-off», aggiunge Cao. Tradotto,
una ricaduta aziendale nata
dalla ricerca scientifica. Magari
nell’industria farmaceutica. Magari
proprio a Lanusei. Per avere
una risposta forse basterà
aspettare altri cinque anni.

Oriana e il Fantaislam Istruzioni per non odiare

Affrontare con dialettica
acuta il diluvio antislamico
di Oriana Fallaci, non è
operazione facile. Rispondere
con argomentazioni ponderate e
rispettose del proprio avversario
alla guerra di parole e alla rabbia
che trasfigura, è una scelta
quasi eroica. Giancarlo Bosetti,
direttore della rivista Reset, docente
di Sociologia dei media all’Università
Roma Tre, ci ha provato.
E soprattutto ha tentato di
capire perché quello che lui chiama
il “ciclo islamista” della Fallaci
abbia raccolto un successo
così strepitoso in Italia.

Questo
tentativo si è concretizzato in un
libro di duecento pagine (Cattiva
maestra, La rabbia di Oriana
Fallaci e il suo contagio, Marsilio,
10 euro) presentato i giorni
scorsi a Cagliari per iniziativa del
corso di laurea in Psicologia dell’Università
cagliaritana e della
ricercatrice Clementina Casula.
Al dibattito hanno partecipato i
docenti Giancarlo Nonnoi e Nello
Aiello e decine di studenti.
Premesso che Oriana Fallaci è
un’autorità del giornalismo. Che
dalla sua biografia potrebbe essere
tratta più di una sceneggiatura
per film d’avventura, di
guerra o di spionaggio. Che lei
ha fatto la Resistenza a 14 anni,
che è stata, ricorda Bosetti, «ferita
a Città del Messico da tre
pallottole dell’esercito durante la
repressione di una manifestazione
studentesca, è stata portata
via insieme ai cadaveri come se
fosse morta, e poi ha sbugiardato
la versione del governo messicano
secondo la quale a sparare
sarebbero stati per primi gli
studenti».

Insomma, premesso
che si parla di un monumento,
resta da capire perché dopo l’11
settembre 2001, la Signora, come
la chiama Bosetti, abbia dedicato
anima e cuore alla sua
personale crociata contro i musulmani
in quanto tali e contro
l’Islam in quanto tale. E poi impressiona
il fatto che la crociata
della Fallaci sotto forma di trilogia
editoriale (La Rabbia e l’Orgoglio,
La Forza della Ragione,
Oriana Fallaci, intervista a sé
stessa – L’Apocalisse, tutti da
Rizzoli), abbia prodotto, in termini
di vendite, più del Codice
da Vinci e di Harry Potter.

Bosetti
definisce col termine “orianismo”
questo pervasivo ma anche
non comune exploit, trattandosi
di commercio e magari lettura
di libri.
«Ho scritto Cattiva maestra,
ha spiegato Bosetti agli studenti
cagliaritani, «perché dopo gli ultimi
interventi della Fallaci e dopo
l’attentato di Londra mi pare
che sia stato superato ogni limite
». I libri e gli articoli della Signora
conterrebbero «una mi-
A
scela di ingredienti che corrisponde
approssimativamente alla
lista completa delle astrattezze
e degli errori da evitare se si
vuole davvero sconfiggere il terrorismo
jihadista», argomenta il
direttore di Reset. Mettendo al
centro di tutto il “pensare-pernemici”.
Che vuol dire, in sostanza,
sostituire il problema da discutere
con il fantasma del nemico.

Concentrare, nel caso della
Fallaci con abilità narrative indiscutibili,
l’attenzione verso il mostro,
il male da annientare. Le
sfumature, la complessità del fenomeno,
il confronto con l’Islam
moderato, svaniscono. Ciò che
conta è l’accecante volontà di abbattere
il drago che oramai si aggira
indisturbato vicino alle nostre
case. Secondo la Fallaci esisterebbe
un complotto ordito
dalla cosiddetta “Triplice”, la Destra,
la Sinistra e la Chiesa, volto
a trasformare l’Europa in Eurabia,
a «spalancare le porte allo
straniero». Negli Stati Uniti gli
“arabo-musulmani” in circolazione,
scrive la Signora, sono già
24 milioni. Una cifra incredibilmente
sballata, sottolinea Bosetti,
classificando lo scritto nel genere
fantasy. Perciò probabilmente
si spiega la quasi assenza
di critica e discussione intellettuale
sul ciclo islamista.
D’altronde, chi avrebbe il coraggio
di affacciare obiezioni
geologiche sui vulcani inventati
da Tolkien? Anche il filosofo
francese Bernard-Henry Lévy ritiene
che i testi violenti della Fallaci
non si debbano discutere.
Ma il problema resta, insiste giustamente
Bosetti.

Resta perché il
pensare-per-nemici dilaga come
un cancro, giustifica scelte devastanti,
individua con certezza la
causa dei guai con un ragionamento
semplice semplice. Evita
la fatica del dialogo.
La congiura pluto-giudaicomassonica
per la conquista del
mondo e il successo dei “Protocolli
dei savi di Sion”, hanno insegnato
qualcosa? Per questo è
necessario discutere anche la
Fallaci.